
Una risposta di Dio alla disfunzione in cui è venuta a trovarsi la vita cristiana

L'effusione dello
Spirito non è un sacramento, ma si dice in rapporto ad un sacramento, anzi a
più sacramenti: ai sacramenti dell'iniziazione cristiana. L'effusione
attualizza e, per così dire, rinnova l'iniziazione cristiana. Il rapporto fondamentale è però,
con il sacramento del Battesimo. La designazione «battesimo dello Spirito» con
cui l'effusione veniva chiamata fino a poco fa e con cui è ancora chiamata dai
nostri fratelli americani, non voleva dire altro che questo, cioè che si tratta
di qualcosa che si fonda sul sacramento del battesimo. Noi diciamo che
l'effusione dello Spirito attualizza e ravviva il nostro battesimo. Per capire
come un sacramento ricevuto tanti anni fa, addirittura agli inizi della vita,
possa improvvisamente ritornare a rivivere e a sprigionare tanta energia quanta
ne vediamo in occasione dell'effusione, bisogna tenere presente alcuni elementi
di teologia sacramentale. La teologia cattolica conosce l'idea di sacramento
valido e lecito, ma «legato». Un sacramento si dice legato se il suo frutto
rimane vincolato, non usufruito per mancanza di certe condizioni che ne
impediscono l'efficacia. Un esempio estremo è il sacramento del matrimonio o
dell'ordine sacro ricevuto in stato di peccato mortale. In queste condizioni
tali sacramenti non possono conferire nessuna grazia alle persone; rimosso però
l'ostacolo del peccato, con la penitenza, si dice che il sacramento «rivivisce»
(reviviscit) grazie al carattere indelebile o, detto più
biblicamente, grazie alla fedeltà e alla irrevocabilità del dono di Dio: "Dio resta
fedele anche se noi siamo infedeli perché egli non può rinnegare se stesso" (2Tm 2,13).
Quello
del matrimonio o dell'ordine sacro ricevuto in stato di peccato è un caso
estremo ma sono possibili altri casi in cui il sacramento, pur non essendo del
tutto legato, non è però del tutto sciolto, cioè libero di operare i suoi
effetti. Nel caso del battesimo, che cos'è che fa si che il frutto del
sacramento resti legato? Bisogna richiamare qui la dottrina classica dei
sacramenti. I sacramenti non sono riti magici che agiscono meccanicamente,
all'insaputa dell'uomo, o prescindendo da ogni sua collaborazione. La loro
efficacia è frutto di una sinergia o collaborazione tra l'onnipotenza divina
(in concreto: la grazia di Cristo o lo Spirito Santo) e la libertà umana,
perché ha detto S. Agostino: "Chi ti ha creato senza il tuo
concorso non ti salva senza il tuo concorso". Ancora più precisamente, il frutto del sacramento
dipende tutto dalla grazia divina; solo che questa grazia divina non agisce
senza il «sì», cioè il consenso e l'apporto della creatura, che è più una conditio sine qua non che
non una concausa. Dio si comporta come lo sposo che non impone il suo amore per
forza, ma attende il «sì» libero della sposa.
L'opera di Dio e l'opera dell'uomo nel Battesimo
Tutto
ciò che dipende dalla grazia divina e dalla volontà di Cristo, nel sacramento
si chiama Opus
Operatum, che possiamo
tradurre: opera già realizzata, frutto oggettivo e immancabile del sacramento,
quando è amministrato validamente. Tutto ciò che invece dipende dalla libertà e
dalle disposizioni del soggetto si chiama Opus
Operantis cioè: opera da realizzare, apporto dell'uomo. L'Opus
Operantum del battesimo, cioè la parte di Dio o la grazia, è
molteplice e ricchissima: remissione dei peccati, dono delle virtù teologali
della fede, speranza e carità (queste sono in germe), figliolanza divina; il
tutto operato mediante l'efficace azione dello Spirito Santo. "Battezzati,
noi siamo illuminati; illuminati, siamo resi perfetti; resi perfetti riceviamo
l'immortalità... Questa operazione del battesimo ha nomi diversi: grazia,
illuminazione (fotismos), perfezione, bagno. Bagno per cui siamo purificati dai
nostri peccati; grazia per la quale i castighi meritati per i nostri peccati
sono tolti; illuminazione nella quale noi contempliamo la bella e santa luce
della salvezza, cioè per la quale penetriamo con lo sguardo divino; perfezione
perché nulla manca"(Clemente
Alessandrino, Pedagogo 1,6,26). Il battesimo è davvero un ricchissimo pacco-dono che
abbiamo ricevuto al momento della nostra nascita in Dio. Ma è un pacco dono
ancora non svolto, sigillato. Noi siamo ricchi perché possediamo quel pacco (e
perciò possiamo compiere tutti quegli atti necessari alla vita cristiana), ma
non sappiamo cosa possediamo; parafrasando una parola di Giovanni, potremmo
dire: "…noi
fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che siamo non è stato ancora rivelato"(1Gv 3,2). Ecco perché diciamo che, nella
maggioranza dei cristiani, il battesimo è un sacramento «legato». Fin qui l'Opus
Operatum. Ma in che
consiste nel battesimo l'Opus Operantis, cioè la parte dell'uomo? Consiste nella «fede!»."Chi
crederà e sarà battezzato sarà salvo"(Mc 16,16). Accanto al battesimo c'è dunque un altro
elemento: la fede dell'uomo. Ci ricorda il prologo del Vangelo di Giovanni: "A quanti
lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che
credono nel suo nome"(Gv
1,12). Possiamo anche ricordare quel bel testo degli Atti degli Apostoli che
narra del battesimo di un eunuco, funzionario della regina Candàce: "Proseguendo
lungo la strada, giunsero ad un luogo dove c'era acqua e l'eunuco disse:«Ecco
qui c'è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?» Filippo dice: «Se
credi con tutto il cuore è permesso...»"(At 8,36-37). Il battesimo è come il sigillo divino
posto sulla fede dell'uomo: "…dopo aver ascoltato la parola
della verità, il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete
ricevuto (si intende nel battesimo) il suggello dello Spirito Santo"(Ef 1,13). Scrive San Basilio:"In verità
la fede e il battesimo, questi due modi della salvezza, sono legati l'uno
all'altro e indivisibili, poiché se la fede riceve dal battesimo la sua
perfezione, il battesimo si fonda sulla fede"(Sullo Spirito Santo,12,5, C. 17, P. 157). Lo stesso Santo chiama il
battesimo: "sigillo
della fede"(Contro
Eunomio III, 5, P.G. 29,655).
L'opera dell'uomo, cioè la fede, non ha la stessa importanza e autonomia
dell'opera di Dio, perché nell'atto stesso di fede c'è una parte di Dio; è esso
stesso opera della grazia che lo suscita. Tuttavia l'atto di fede comprende
come elemento essenziale anche la risposta, il «credo» dell'uomo, e in questo
senso noi lo chiamiamo opus operantis, cioè opera dell'uomo.
Il Battesimo alle origini della
Chiesa e oggi
Si
capisce, adesso, perché nei primi tempi della Chiesa il battesimo era un evento
così potente e ricco di grazia e perché non c'era bisogno, normalmente di una
nuova effusione dello Spirito, come quella che facciamo oggi. Il battesimo
veniva amministrato ad adulti che si convertivano dal paganesimo e che,
convenientemente istruiti, erano in grado di fare, in occasione del battesimo,
un atto di fede e una scelta esistenziale libera e matura; basta leggere la
Catechesi mistagogica sul battesimo, attribuita a Cirillo di Gerusalemme, per
rendersi conto della profondità di fede cui erano condotti i battezzandi. Al
battesimo insomma si arrivava attraverso una vera e propria conversione: per
essi il battesimo era davvero un lavacro di rinnovamento personale, oltreché di
"...rigenerazione
e rinnovamento nello Spirito Santo"(Tt 3,5b). Mi ha impressionato un testo di San Basilio:
a uno che gli aveva chiesto di scrivere un trattato sul battesimo, San Basilio
risponde che non può spiegare cosa significa il battesimo senza aver spiegato
prima cosa significa essere discepoli di Gesù poiché il comando del Signore
dice: "Andate,
e fate discepole tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio
e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho
comandato" (Mt
28,19-20).
Perché
il battesimo operi in tutta la sua forza bisogna che chi si accosta ad esso sia
un discepolo, o sia intenzionato a diventarlo seriamente: "Discepolo
è, come apprendiamo dal Signore stesso, chiunque si accosta al Signore per
seguirlo, cioè per ascoltare le sue parole, credere e ubbidire a lui come a
padrone e re e medico e maestro di verità... ora colui che crede nel Signore e
si presenta come pronto al discepolato deve prima allontanarsi da ogni peccato,
e poi anche da tutte le cose che distolgono dall'ubbidienza, per molte ragioni
dovuta al Signore, anche se sembrino all'apparenza ragionevoli"(San Basilio, Sul battesimo I, 1 p. 121 SG.). La condizione favorevole che
permetteva al battesimo, alle origini della Chiesa, di operare con tanta
potenza era dunque questa: che l'opera di Dio e l'opera dell'uomo si
incontravano contemporaneamente, c'era un sincronismo perfetto; avveniva come
quando due poli si toccano e così fanno sprigionare la luce. Ora questo
sincronismo si è rotto; ricevendo il battesimo da bambini venne a mancare a
poco a poco un atto di fede libero e personale. Esso veniva supplito, ed
emesso, per così dire, per interposta persona (genitori, padrini). Di fatto,
una volta, quando tutto l'ambiente che circondava il bambino era cristiano e
impregnato di fede, questa fede poteva sbocciare anche se più lentamente. Ma
ora non è più così; la nostra condizione è venuta ad essere peggiore ancora di
quella del Medio Evo: l'ambiente infatti in cui il bambino cresce non è tale da
aiutarlo a sbocciare nella fede: non lo è spesso la famiglia, non lo è ancora
più spesso la scuola e non lo è, meno che meno, la società e la cultura. Questo
non significa affermare che non c'è, in questa situazione, una vita cristiana
normale, né che sia mancata la santità e i carismi che l'accompagnano; solo che
anziché un fatto normale, ciò è divenuto sempre più, agli occhi dei cristiani,
un'eccezione. In questa situazione raramente, o mai, il battezzato arriva a
proclamare "in Spirito Santo": Gesù è il Signore!...e finché non si
arriva a questo punto, tutto nella vita cristiana è sfuocato immaturo. Non
avvengono più i miracoli; si ripete ciò che avvenne per i nazaretani: "Gesù non
poté fare molti miracoli a causa della loro incredulità, della loro mancanza di
fede"(Mt 13,58).
Il significato dell'effusione dello Spirito
Ecco
allora il senso dell'effusione dello Spirito: Essa è una risposta di Dio alla
disfunzione in cui è venuta a trovarsi la vita cristiana. In questi ultimi anni
si sa che anche la Chiesa, i Vescovi hanno cominciato a preoccuparsi del fatto
che i sacramenti cristiani, specialmente il battesimo, vengono amministrati a
persone che poi non ne faranno alcun uso nella vita, e hanno prospettato la
possibilità di non dare il battesimo quando manchino le garanzie minime che
esso sia coltivato e valorizzato dal bambino. «Non si possono gettare le perle
ai porci» come diceva Gesù, e il battesimo è una perla preziosa perché esso è
il frutto del sangue di Cristo. Ma si direbbe che il Signore si è preoccupato,
prima ancora della Chiesa, di questa disfunzione e ha suscitato qua e la nella
Chiesa movimenti tendenti a rinnovare negli adulti l'iniziazione cristiana. Il
Rinnovamento nello Spirito è uno di questi movimenti e in esso la grazia
principale è senza dubbio legata all'effusione dello Spirito e a ciò che la
precede. La sua efficacia nel "riattivare" il battesimo consiste in
questo: che finalmente l'uomo reca la sua parte, cioè faccia una scelta di
fede, preparata nel pentimento, che permetta all'opera di Dio di «liberarsi» e
di sprigionare tutta la sua forza. Come se la mano tesa di Dio finalmente
incontrasse quella dell'uomo e, nella stretta, potesse far passare tutta la sua
forza creatrice che è lo Spirito Santo. Come se, per usare un'immagine tratta
dal mondo fisico, la spina venisse inserita nella presa e la luce finalmente si
accendesse. Il dono di Dio viene finalmente «slegato» e lo Spirito si espande
come profumo sulla vita cristiana Nell'adulto che ha già alle spalle una lunga
vita cristiana, questa scelta di fede ha necessariamente il carattere di una
«conversione». Potremmo descrivere l'effusione dello Spirito, per quanto
riguarda la parte dell'uomo, sia come un rinnovamento del battesimo, che come
una seconda conversione. Possiamo capire qualche cosa di più dell'effusione,
vedendola in rapporto anche con la Confermazione (Cresima), almeno nella prassi
attuale, in cui questo sacramento è staccato dal battesimo e amministrato in
età avanzata. Oltre che un rinnovamento della grazia del battesimo, l'effusione
è anche una «conferma» del proprio battesimo, un «sì» cosciente detto ad esso,
ai suoi frutti e ai suoi impegni, e come tale si affianca (almeno per
l'aspetto soggettivo di esso) a quello che opera, sul piano oggettivo e
sacramentale, la confermazione: questa infatti è vista come un sacramento che
sviluppa , conferma e porta a compimento l'opera del battesimo. L'effusione è
una confermazione soggettiva e spontanea non sacramentale in cui lo Spirito
Santo agisce non in forza dell'istituzione (sacramento), ma in forza della
libera iniziativa dello Spirito e della disponibilità del soggetto. Dal
riferimento alla confermazione, viene anche quello speciale senso di un
maggiore coinvolgimento nella dimensione apostolica e missionaria della Chiesa
che di solito si nota in chi riceve l'effusione dello Spirito. Ci si
sente spinti a collaborare di più all'edificazione della Chiesa, al mettersi al
sevizio di essa nei vari ministeri sia clericali che laicali, a dare testimonianza
a Cristo; tutte cose, queste, che richiamano l'evento della Pentecoste e sono
attualizzate nel sacramento della Cresima.
Amore
fraterno, preghiera e imposizione delle mani nell'effusione dello Spirito
L'effusione
dello Spirito non è l'unica occasione che si conosca nella Chiesa per questa
riviviscenza dei sacramenti dell'iniziazione e in particolare dello Spirito
Santo nell'anima in occasione del battesimo. C'è, per esempio, il rinnovamento
delle promesse battesimali nella veglia pasquale, ci sono gli esercizi
spirituali, c'è la professione religiosa, chiamata un "secondo
battesimo" e, a livello sacramentale, abbiamo detto la Confermazione. Non
è difficile poi scoprire spesso nella vita dei santi la presenza di una
effusione spontanea, specialmente in occasione della loro conversione. Ecco per
esempio cosa si legge di san Francesco al momento della sua conversione: "Terminato
il banchetto, uscirono di casa. Gli amici gli camminavano innanzi; lui, tenendo
in mano una specie di scettro, veniva per ultimo; ma invece di cantare, era
assorto nelle sue riflessioni. D'improvviso, il Signore lo visitò e ne ebbe il
cuore riboccante di tanta dolcezza, che non poteva muoversi né parlare, non
percependo se non quella soavità, che lo estraniava da ogni sensazione...Gli
amici, voltandosi e scorgendolo rimasto così lontano, lo raggiunsero e
restarono trasecolati nel vederlo mutato quasi in un altro uomo. Lo
interrogarono: «A cosa stai pensando, che non ci hai seguiti? Almanaccavi forse
di prendere moglie?» Rispose con slancio: «E' vero! Stavo pensando di prendermi
in sposa la ragazza più nobile, ricca e bella che mai abbiate visto.» I
compagni si misero a ridere. Francesco disse questo non di sua iniziativa, ma
ispirato da Dio"(Leggenda
dei tre compagni,
3,7). Dicevo che l'effusione dello Spirito non è l'unica occasione di
rinnovamento della grazia battesimale. Essa però occupa un posto del tutto
particolare per il fatto di essere aperta a tutto il popolo di Dio, piccoli e
grandi, e non soltanto ad alcuni privilegiati che fanno gli esercizi spirituali
ignaziani o che emettono la professione religiosa. Da dove proviene questa
straordinaria forza che abbiamo sperimentato in occasione dell'effusione? Noi
infatti non stiamo parlando di una teoria, ma di qualcosa che abbiamo sperimentato
noi stessi, per cui possiamo dire come Giovanni: "...ciò che
noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi,...ciò che le
nostre mani hanno toccato,...questo annunziamo anche a voi, perché anche voi
siate in comunione con noi"
(1Gv 1,1.3).
La
spiegazione di questa forza è nella volontà di Dio: perché è piaciuto a Dio
oggi rinnovare la Chiesa per questo mezzo e basta! Ci sono certamente dei
precedenti biblici come quello narrato in Atti 8,14-17, quando Pietro e
Giovanni, saputo che la Samaria aveva accolto la parola di Dio, vi discesero,
pregarono per loro, e imposero loro le mani perché ricevessero lo Spirito
Santo. Ma questi precedenti biblici, per altro rari e non univoci nel
significato, non bastano a spiegare la vastità e la profondità del fenomeno
odierno legata all'effusione dello Spirito. La spiegazione dunque è nel disegno
di Dio. Potremmo dire, parafrasando un detto famoso dell'Apostolo: "Poiché i
cristiani, con tutta la loro organizzazione, non hanno saputo trasmettere la
potenza dello Spirito, è piaciuto a Dio rinnovare i credenti mediante la
stoltezza dell'effusione. I teologi infatti cercano spiegazione e le persone
responsabili cercano moderazione, ma i semplici toccano con mano la potenza di
Cristo nell'effusione"(cfr
1Cor 1,21-24). Noi uomini e in particolare noi uomini di Chiesa, tendiamo a
lesinare a Dio la sua libertà; tendiamo a tracciargli dei percorsi obbligati (i
cosiddetti canali della grazia), dimenticando che Dio è un torrente che
straripa e si crea da solo il proprio letto e che lo Spirito soffia dove e come
vuole.
In che
consiste l'effusione e come agisce? Nell'effusione c'è una parte segreta,
misteriosa di Dio ed è il suo modo di farsi presente, di agire che è diverso
per ognuno perché lui solo ci conosce nell'intimo e può agire e valorizzare la
nostra inconfondibile personalità; e c'è una parte palese, della comunità, che
è uguale per tutti e che costituisce una specie di segno, con una certa
analogia rispetto a quello che sono i segni dei sacramenti. La parte visibile o
della comunità, consiste soprattutto in tre cose: amore fraterno, imposizione
delle mani e preghiera. Sono elementi non sacramentali, ma semplicemente
ecclesiali. L'imposizione delle mani può avere due significati: un significato
di invocazione e un significato di consacrazione. Vediamo, per esempio,
presenti entrambi questi tipi di imposizione delle mani nella Messa: c'è una
imposizione delle mani di carattere invocatorio (almeno per noi latini) ed è
quella che il sacerdote fa sulle offerte al momento dell'epiclesi, quando prega
dicendo: "Lo
Spirito Santo santifichi questi doni perché diventino il Corpo e il Sangue di
Gesù Cristo"; e c'è una
imposizione delle mani consacratoria ed è quella che fanno i celebranti sulle
offerte al momento della consacrazione. Nel rito stesso della cresima, come si
svolgono oggigiorno, vi sono due imposizioni delle mani: una di carattere
invocatorio e un'altra consacratoria che accompagna il gesto dell'unzione sulla
fronte, nella quale si realizza il sacramento vero e proprio. Nell'effusione
dello Spirito l'imposizione delle mani ha un carattere soltanto invocatorio
(sulla linea di ciò che incontriamo in Gen. 48,14; Lev. 9,22; Mc.10 13-16;
Mt.19 13-15). Ha anche un valore altamente simbolico: richiama l'immagine dello
"Spirito
Santo che copre con la sua ombra"(Lc 1,35); ricorda anche "lo Spirito
Santo che aleggiava sulle acque"(Gen 1,2c). Questo simbolismo del gesto
dell'imposizione delle mani è messo in luce da Tertulliano quando parla
dell'imposizione delle mani sui battezzati: "La carne è adombrata
dall'imposizione delle mani perché l'anima sia illuminata dallo Spirito"(Sulla risurrezione dei morti, 8,3). C'è un paradosso, come in tutte le cose di
Dio: l'imposizione delle mani illumina adombrando, come la nube che seguiva il
popolo eletto nell'Esodo e come la nube che avvolse i discepoli sul Tabor (cfr.
Mt 17,5). Gli altri due elementi sono, abbiamo detto, la preghiera e l'amore
fraterno; potremo dire: l'amore fraterno che si esprime in preghiera. L'amore
fraterno è segno e veicolo dello Spirito Santo; lo Spirito Santo che è l'Amore,
trova nell'amore fraterno il suo ambiente naturale, il suo segno per
eccellenza. Non si esagera mai abbastanza l'importanza di un clima di vero
amore intorno al fratello che deve ricevere l'effusione. Anche la preghiera è
messa in rapporto stretto, nel Nuovo Testamento, con l'effusione dello Spirito
Santo. Del battesimo di Gesù si dice che: "mentre stava in preghiera, il
cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo"(Lc 3,21-22). Fu la preghiera di Gesù, si
direbbe, a far aprire i cieli e a far scendere su di lui lo Spirito Santo.
Anche l'effusione della Pentecoste avvenne così: "Mentre
tutti costoro erano perseveranti nella preghiera, ...venne dal cielo un rombo
come di tuono e apparvero lingue di fuoco..."(cfr. At 1,14-2,1ss). Del resto Gesù stesso aveva
detto: "Io
pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore"(Gv 14,16). Ogni volta l'effusione dello
Spirito è messa in rapporto con la preghiera. Questi segni: l'imposizione delle
mani, la preghiera e l'amore fraterno parlano tutti di semplicità, sono
strumenti semplici. Proprio in questo essi recano il marchio delle azioni di
Dio:"non
c'è nulla – scrive Tertulliano a proposito del battesimo – che lascia così attonite le menti
degli uomini come la semplicità delle azioni divine che si vedono in atto e la
magnificenza degli effetti che vengono conseguiti...le proprietà di Dio sono:
semplicità e potenza"(Sul
battesimo, 2,1 ss).
Il contrario di ciò che fa il mondo: nel mondo più
sono grandi gli obbiettivi da conseguire più l'apporto dei mezzi è complicato;
quando poi si vuole arrivare sulla luna questo apparato diventa gigantesco. Se
la semplicità è il marchio dell'agire divino, bisogna preservare assolutamente
questo marchio nel conferire l'effusione dello spirito. Per questo la semplicità
deve risplendere in tutto: nella preghiera e nei gesti; niente cose teatrali,
gesti eccitati, multiloquio ecc.....La Bibbia fa notare, a proposito del
sacrificio del Carmelo, il contrasto stridente tra l'agire dei sacerdoti di
Baal che gridano, danzano da scalmanati e si fanno incisioni a sangue, e
l'agire di Elia che prega invece semplicemente così: "Dio di Abramo, di
Isacco e di Giacobbe...rispondimi e questo popolo sappia che tu sei il Signore
Dio e che converti il loro cuore!"(1Re 18,25-38).
Il fuoco del Signore calò sul sacrificio di Elia e non su quello dei sacerdoti
di Baal. Elia stesso, poco dopo, fece l'esperienza che Dio non era nel vento
impetuoso, non era nel terremoto, non era nel fuoco, ma era nel mormorio di un
vento leggero (cfr.1 Re 19,11-13). Da dove viene la grazia che si sperimenta
nell'effusione? Dagli astanti?...No!...Dal soggetto che la
riceve?...No!...Viene da Dio!Non ha senso chiedersi se viene da dentro il
soggetto o da fuori: Dio è dentro e fuori. Possiamo solo dire che tale grazia
ha rapporto con il battesimo perché Dio agisce sempre con coerenza e con
fedeltà, non fa e disfà. Egli fa onore all'impegno e all'istituzione di Cristo.
Una cosa è certa: non sono i fratelli a conferire lo Spirito Santo; essi non
danno lo Spirito Santo al fratello, ma invocano lo Spirito Santo sul fratello.
Lo Spirito non può essere dato da nessun uomo, neppure dal Papa o dal vescovo,
perché nessun uomo possiede in proprio lo Spirito Santo. Solo Gesù può dare in
senso proprio lo Spirito Santo; gli altri non possiedono lo Spirito Santo, ma
piuttosto sono posseduti da lui. Quanto al modo di questa grazia possiamo
parlare di una nuova venuta dello Spirito Santo, di una nuova missione da parte
del Padre attraverso Gesù Cristo o di una nuova unzione corrispondente al nuovo
grado di grazia. In questo senso, l'effusione, se non è un sacramento, è però
un evento spirituale: questa potrebbe essere la definizione che più si avvicina
alla realtà. Un evento, dunque qualcosa che avviene, che lascia il segno, che
crea una novità in una vita; ma un «evento spirituale» (non storico).
Spirituale perché avviene nello spirito, cioè nell'interiore dell'uomo e gli
altri possono benissimo non accorgersi di nulla; spirituale, soprattutto perché
esso è opera dello Spirito Santo. Concludo questo insegnamento con un bel testo
dell'apostolo Paolo che parla proprio della riviviscenza del dono di Dio,
Ascoltiamolo come un invito a ciascuno di noi:
Ti ricordo di
ravvivare il dono di Dio che è in te
per l'imposizione delle mani.
Dio infatti non ci ha dato uno Spirito di timidezza,
ma di forza, di amore, di saggezza. (2Tm 1,6-7).