venerdì 14 febbraio 2014

Sottaceto


· Come parla Jorge Mario Bergoglio ·

13 febbraio 2014
La messa di venerdì 10 maggio in Casa Santa Marta è di quelle da ricordare. Papa Francesco ha fissato il tratto fondamentale di una personalità cristiana dicendo che «i cristiani sono uomini e donne gioiosi», di una gioia che non è provocata da motivi contingenti: è un dono del Signore che riempie l’interiorità della persona. Ma possiamo «imbottigliare» un poco di questa gioia — si è poi chiesto — per poterla portare sempre con noi?



Non so se attribuirlo alla nostalgia ma a volte mi sembra che gli venga fuori il chimico che ha dentro. L’espressione “imbottigliare” mi ha fatto pensare a provette, alambicchi e tutto l’armamentario di laboratorio. Mi è quasi parso di percepire gli odori del laboratorio di mio padre. Credo di non sbagliarmi stabilendo questa analogia perché dopo ha risposto con un «No» alla domanda sulla “imbottigliabilità” della gioia: «No, perché se noi vogliamo possedere questa gioia soltanto per noi — dice Bergoglio, a nostro uso e consumo si potrebbe aggiungere — finisce per andare a male, come il nostro cuore e, alla fine la nostra faccia non trasmette più la gioia bensì la nostalgia, una malinconia che non è sana. A volte questi cristiani malinconici hanno più la faccia da “cetriolini sott’aceto” che da persone gioiose che hanno una vita bella».

Non mi sbagliavo, quel «vino dell’estate» non condiviso — come quello di cui parla Ray Bradbury — finiva per inacidirsi. Diventava aceto. Un processo chimico per l’appunto.

«Ma non capisco perché ce l’ha coi miei cari eingelegte Gurken, i miei cetriolini sott'aceto. Manca solo che se la prenda con la birra» mi sono lamentato con un amico che mi perseguita con le sue storie. «Non ha niente contro i cetriolini, ma con chi ha una faccia inacidita» mi ha risposto.

Ho ammesso il mio errore. Questa delle facce inacidite non è una cosa nuova. Mi ha fatto venire in mente dei ricordi, nostalgie di un tempo in cui, nella scuola dei gesuiti, parlava di «non lasciar inacidire la gioia». Erano chiacchierate informali le nostre, fuori dall’orario di scuola e quel giorno ricordo che ci soffermammo a parlare dei parrocchiani che frequentavano la chiesa dell’istituto osservando che dominavano i musi lunghi, le “facce inacidite” appunto.

«La fede è gioia, la Parola di Dio è gioia. A voi piacciono le facce lunghe?» domandò allora, come domanda ancora oggi.

Jorge Milia



Nessun commento:

Posta un commento