giovedì 30 aprile 2015

DALLA PAROLA DEL GIORNO

AMICI E SERVITORI DELLA PAROLA 
Venerdì 1 maggio 2015 – IV settimana di Pasqua






“Verrò di nuovo e vi prenderò con me,

perché dove sono io siate anche voi.

E del luogo dove io vado, conoscete la via”
                        
Gv, 14, 3-4





Come vivere questa Parola?

Gesù aveva esortato i suoi a non essere turbati in cuore.  Li aveva anche rassicurati dicendo loro che, dopo aver preparato anche per loro un posto di gioia e salvezza, sarebbe tornato proprio perché desiderava che stessero sempre con Lui.
Interessante però il fatto che Gesù sembra contraddirsi. Dice infatti: “Del luogo dove io vado voi conoscete la via”.  E contemporaneamente dice che viene a prenderli perché stiano con Lui.
Qual è dunque il senso profondo ed esistenziale di tutto questo?  Lo troviamo in quelle parole – vertice e sintesi – in cui l’identità di Gesù è rivelata da Lui stesso.  “Io sono la via” (v. 6).  E, prima ancora: “Voi conoscete la via”.  Che è poi come dire: Cercate di conoscere me veramente. Voi conoscete una verità di fondo: il mio Vangelo. Lì è la via, cioè gl’insegnamenti fondamentali che sono necessari per diventare miei discepoli.
Quanto poi a quel dire: “Vi prenderò con me” significa ancora una volta che non si tratta di praticare una dottrina. O almeno non si tratta di quello soltanto.  Il Vangelo è vita, è Gesù stesso con noi: “Vi prenderò con me”.  Più avanti dirà: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (v. 6).
Signore Gesù, quanto più Tu mi afferri nella Tua Parola, tanto più avverto che è Luce al mio cammino ma anche Fuoco che riscalda il cuore e ravviva i miei giorni!
Si, prendimi con Te che sei VIA al Padre e anche VERITA’ e VITA.  Prendimi con Te. Vivere in tua compagnia vorrà dire penetrare la lieta notizia che è il tuo Vangelo, nutrimento e ravvivare i miei giorni e il mondo in cui vivo. Perché vivere il Vangelo vuol dire credere amando.
La voce di uno scrittore e giornalista inglese
“Come ogni essere umano, anche il credente è immerso nelle fatiche e nei dolori quotidiani. Ma trova nella fede una lente che gli permette di vedere le stesse cose di sempre sotto una luce nuova. La fede non cambia il paesaggio, ma modifica lo sguardo dell’uomo”.

K. Chesterton


Commento di Sr Maria Pia Giudici, FMA

Le Pape François s'adresse aux chrétiens d'Irak


i Iacopo Iadarola
thumb blasone
Riportiamo qui in fondo il testo e il video del messaggio rivolto da Papa Francesco ai cristiani di Mosul profughi a Erbil (Iraq) lo scorso 6 dicembre. Per esprimere la sua premura e la sua vicinanza per la situazione di indicibile dolore in cui questi nostri fratelli versano, il Santo Padre ricorre alla sua “querita” (come da lui stesso più volte definita) S.Teresa di Gesù Bambino, citando un’immagine, quella dalla canna piegata dal vento, a lei molto cara: “Io oggi vorrei avvicinarmi a voi che sopportate questa sofferenza, esservi vicino… E penso a santa Teresa del Bambin Gesù, che diceva che lei e la Chiesa si sentiva come una canna: quando viene il vento, la tempesta, la canna si piega, ma non si rompe! Voi siete in questo momento questa canna, voi vi piegate con dolore, ma avete questa forza di portare avanti la vostra fede, che per noi è testimonianza. Voi siete le canne di Dio oggi! Le canne che si abbassano con questo vento feroce, ma poi sorgeranno!”
L’immagine della canna ricorre in varie lettere della Santa1, ed in calce ad alcune di queste ella stessa si firma come la “piccola canna”; alla sua vestizione monacale ricevette una canna come contrassegno per marcare i propri indumenti personali. Inoltre, come afferma nel Manoscritto A di Storia di un’anima, “Teresa non dimentica di essere soltanto una debole canna, per questo l’ha posta sul suo blasone” (85v°): qui a lato se ne può vedere una riproduzione. 
Riportiamo infine la lettera del luglio 1888 a sua sorella Suor Maria Agnese di Gesù, che, per il suo richiamo alla testimonianza martiriale, è quella che doveva presumibilmente rammentare papa Francesco nella stesura del suo messaggio:
«Grazie al mio caro Agnello d'aver fatto nuovamente udire all'agnellino la musica del cielo. Il dolce zefiro ha scosso dolcemente la piccola canna... Erano le nove quando la canna ha scorto la preziosa letterina. Non aveva un raggio di luce, ma il suo cuore, prima ancora dei suoi occhi, ha riconosciuto a volo la musica di santa Cecilia: non ne ha perduta nemmeno una nota! Sì, bramo queste angosce del cuore, questi colpi di spillo di cui parla l'Agnello. Che importa alla piccola canna se deve piegarsi? Non ha paura di rompersi perché è stata piantata in riva alle acque. Invece di andare a toccare la terra, quando si piega, non incontra altro che un'onda salutare che la fortifica e suscita in lei il desiderio di nuove tempeste. È la sua debolezza che costituisce tutta la sua forza. Non potrebbe spezzarsi mai perché, qualunque cosa le accada, non vuol vedere altro che la dolce mano del suo Gesù. Talvolta, i piccoli colpi di vento sono più difficili a superarsi per la fragile canna delle grandi tempeste perché allora, mentre vorrebbe immergersi di nuovo nell'amato torrente, i colpi di vento non sono forti abbastanza per piegarla così in basso. Sono queste le punture di spillo...Ma nulla è troppo duro da sopportare, pur di conquistare la palma...»
Ricordiamo che il Papa invita la Chiesa tutta a pregare, in special modo oggi 8 dicembre, per questi nostri fratelli esposti alla tempesta della persecuzione.


Seguendo questo collegamento è possibile leggere il testo completo del messaggio. 
1 Cf. le lettere 49,54 e 55, secondo la numerazione dell’edizione delle Opere complete curata dalla Libreria Editrice Vaticana e Edizioni OCD, Roma 2009. Cf. anche le lettere 84, 85, 120 della Correspondance générale de Sainte Thérèse de l'Enfant-Jésus et de la Sainte-Face, I, Cerf/DDB, Parigi 1972.

da | carmeloveneto.it

Il Dono di Essere Sacerdote

ordluca09.jpg
di Luca Sciarelli, O.Carm.
Difficile trovare parole per descrivere il grande e, per certi versi incomprensibile, dono dell’essere sacerdote. Per cercare di raccontare cosa significa per me, e per la mia vita, vorrei partire dalle parole che Papa Francesco ha pronunciato nella sua omelia durante la Santa Messa del Crisma lo scorso aprile, parlando ai sacerdoti:
 «credo che non esageriamo se diciamo che il sacerdote è una persona molto piccola: l’incommensurabile grandezza del dono che ci è dato per il ministero ci relega tra i più piccoli degli uomini. Il sacerdote è il più povero degli uomini se Gesù non lo arricchisce con la sua povertà, è il più inutile servo se Gesù non lo chiama amico, il più stolto degli uomini se Gesù non lo istruisce pazientemente come Pietro, il più indifeso dei cristiani se il Buon Pastore non lo fortifica in mezzo al gregge»[1].
 La prima e grande sfida di questa chiamata è stata accettare di essere una “persona molto piccola”. Nel mio lungo cammino di discernimento e di ascolto della volontà di Dio su me, l’aspetto più faticoso e doloroso che ho imparato, è stato scoprire la mia debolezza, il mio limite, il mio essere “piccolo” e povero. Da qui è cominciato il mio cammino. Solo quando ho capito che accogliendo la misericordia di Dio nella mia vita riacquistavo dignità e gioia, ero pronto per poter ascoltare, accogliere e rispondere ad una chiamata così grande e totale.
 Il cammino non è stato facile. Oggi nel silenzio, nell’ascolto della Parola e nella preghiera personale di tutti i giorni, vissuta nella verità e nella sincerità davanti a Dio, mi sento chiamato a riscoprirmi povero e dipendente da un Amore che sovrasta e supera ogni mio limite. Essere sacerdote infatti significa, prima di tutto, riconoscere di aver ricevuto un dono immenso che non si acquista per meriti propri. Da questa consapevolezza è nata la convinzione e la decisione di farmi compagno di viaggio per tutte le persone che il Signore vorrà mettermi accanto, come un uomo che per primo ha fatto esperienza di un Amore grande che chiede solo di essere accolto. Nello spezzare il pane rivivo e celebro il dono di un Dio che si spezza e si dona per noi, nel sacramento della Riconciliazione il segno del perdono e della misericordia che apre alla rinascita ad una vita bella, nel sacramento dell’Unzione degli Infermi la dolcezza di un amore che sana e guarisce ogni nostra malattia del corpo e dello spirito. Infine nella predicazione, la gioia di annunciare a tutti la forza di una Parola che trasforma e da’ nuova dignità ad ogni uomo che la accoglie. 
Essere sacerdote è tutto questo. Dopo la mia ordinazione sento ancora di più la verità di queste parole, scopro giorno dopo giorno, sempre più, il mistero grande di questo dono che, prima di ogni altra cosa, mi ricorda costantemente chi sono: un uomo, un peccatore, rivestito di una nuova dignità che non è più la mia. Sento forte la responsabilità di questa chiamata, ma allo stesso tempo ne assaporo la bellezza e la consapevolezza che non sono solo, ma sono semplicemente uno strumento nelle mani di Dio.
 Non è tutto. La mia chiamata al sacerdozio è nata e cresciuta nel Carmelo. Non posso immaginarmi e pensarmi sacerdote e basta. Sono sacerdote carmelitano. Questo arricchisce ancora di più la mia chiamata, vi è un qualcosa in più. Sono chiamato ad essere sacerdote sì, ma non solo. Sono chiamato ad esserlo nel Carmelo, come carmelitano. Significa vivere il ministero non solo in funzione dei sacramenti e in comunione con tutta la Chiesa, ma all’interno di una comunità, di una famiglia, che amplifica e dona un colore diverso a ciò che vivo e sono. Il colore del coraggio e dell’umanità di Elia e del silenzio (segno di umiltà ed ascolto) e della tenerezza della nostra Madre e Sorella, Maria.

[1]              Papa Francesco, Omelia della Santa Messa del Crisma, 17 aprile 2014.


da | O.Carm

Lettera della Commissione per l'Evangelizzazione e la Missione

letter head.JPG

Caro fratello e sorella,
Dopo il Capitolo Generale del 2013 e il suo messaggio finale indirizzato a tutta la Famiglia Carmelitana, il nuovo Consiglio dell'Ordine ha istituito una commissione per l'Evangelizzazione e la Missione.
La commissione è stata guidata nella sua riflessione da due documenti: l'Esortazione apostolica Evangelii Gaudium (EG) di Papa Francesco e il Messaggio finale del Capitolo Generale. Questo ci ha portato ad una riflessione sulla gioia della Buona Novella e dell'essere Carmelitani oggi. Ci hanno colpito tanti punti di EG che sembrano risuonare con la nostra tradizione spirituale carmelitana e le concrete implicazioni che il documento del Papa potrebbe avere per ciascuno di noi nel compito dell'evangelizzazione e della missione dell'Ordine.
E' nostro desiderio impegnarci in un dialogo con ogni parte della Famiglia Carmelitana e ti invitiamo che tu sia vescovo, frate suora, sorella, eremita e laico carmelitano ad unirti a questo nostro dialogo. Al Capitolo Generale, l'Ordine nella sua dichiarazione finale ha assunto impegni seri per il futuro per quanto riguarda la natura della comunità, la preghiera, il ministero e la missione. Come possiamo intraprendere un così grande compito al fine di ottenere un sincero e veritiero dialogo che porti alla conversione?
Abbiamo pensato e definito un processo di cinque anni di riflessione insieme, che vorremmo sia fatto in ogni vostra comunità o Provincia. Il tema del nostro programma sarà: "Essere carmelitano: la nostra vita e missione" e il nostro motto: "Una gioia sempre nuova, una gioia da condividere". Ogni anno avremo un particolare tema (2015 - La gioia nella vita carmelitana, 2016 - La gioia in una comunità contemplativa, 2017 La gioia nella predicazione del Vangelo; 2018 - La gioia di uscire verso le periferie), in modo da riflettere ed esplorare la ricchezza di EG e i seri impegni di cui l'Ordine si è fatto carico nel Capitolo Generale del 2013. Alla luce di questo nostro sforzo abbiamo scelto l'immagine biblica della Visitazione.
Con il sostegno del Consiglio Generale dell'Ordine, vi invitiamo ad unirvi a noi in questa esperienza stimolante e gioiosa. Vorremmo aiutare voi e le vostre comunità, offrendo alcune semplici linee guida:
  1. Riflettendo sulle implicazioni che sono alla base di Evangelii Gaudium e il messaggio finale del Capitolo, vi offriamo uno strumento per iniziare un dialogo e una vostra riflessione comunitaria;
  2. Offrendo alcune linee per i lavori di gruppo per i prossimi anni da utilizzare per la riflessione personale, gi incontri comunitari o i raduni provinciali relativi ai temi preparati per ogni anno dalla Commissione;
  3. Facilitare una lettura più profonda di questi due testi e le implicazioni che ne derivano per la Famiglia Carmelitana oggi.
Alla fine di ogni anno, la Commissione sarebbe molto grata di ricevere una sintesi delle vostre conversazioni e le decisioni adottate, attraverso una sezione sul sito web dell'Ordine intitolata "Commissione per l'Evangelizzazione e Missione". Maria, stella dell'evangelizzazione guidaci nella nostra missione nel Carmelo,
John Keating, O.Carm.,
Consigliere  Generale e preside della commissione,
insieme con i membri della commissione: Sanny Bruijns, Francisco de Sales Alencar, Desiderio García Martínez, Conrad Mutizamhepo, Míceál O'Neill (Seg.), Donna Orsuto, Henricus Pidyarto Gunawan, Klaus Schenkelberger
da | O.Carm

Lectio: Venerdì, 1 Maggio, 2015

Tempo di Pasqua
1) Preghiera
O Padre,
principio della vera libertà e fonte di salvezza,
ascolta la voce del tuo popolo
e fa’ che i redenti dal sangue del tuo Figlio
vivano sempre in comunione con te
e godano la felicità senza fine.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
2) Lettura
Dal Vangelo secondo Giovanni 14,1-6
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”.
Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?”
Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.
3) Riflessione
• Questi cinque capitoli (Gv 13 a 17) sono un bell’esempio di come le comunità del Discepolo Amato dalla fine del primo secolo in Asia Minore, oggi Turchia, facevano la catechesi. Per esempio, nel capitolo 14, le domande dei tre discepoli, Tommaso (Gv 14,5), Filippo (Gv 14,8) e Giuda Taddeo (Gv 14,22), erano anche le domande ed i problemi delle Comunità. Così, le risposte di Gesù ai tre sono uno specchio in cui le comunità trovavano una risposta ai loro dubbi e difficoltà. Per capire meglio l’ambiente in cui si svolgeva la catechesi, è possibile fare quanto segue. Durante e dopo la lettura del testo, è bene chiudere gli occhi e fare finta che ci si trovi lì nella sala in mezzo ai discepoli, a partecipare all’incontro con Gesù. Mentre si ascolta, bisogna cercare di fare attenzione al modo in cui Gesù prepara i suoi amici alla separazione e rivela loro la sua amicizia, trasmettendo sicurezza ed appoggio.
• Giovanni 14,1-2: Non vi turbate. Il testo inizia con un’esortazione: "Non sia turbato il vostro cuore!" E subito aggiunge: "Nella casa del Padre mio ci sono molti posti!" L’insistenza nel conservare parole incoraggianti che aiutano a superare il turbamento e le divergenze, è segno che c’erano molta polemica e divergenze tra le comunità. L’una diceva all’altra: "Il nostro modo di vivere la fede è meglio del vostro. Noi siamo salvi! Voi siete nell’errore. Se volete andare in cielo, dovete convertirvi e vivere come noi!" Gesù dice: "Nella casa del Padre mio ci sono molti posti!" Non è necessario che tutti pensino allo stesso modo. L’importante è che tutti accettino Gesù, rivelazione del Padre e che per amore a lui, abbiano atteggiamenti di comprensione, di servizio e d’amore. Amore e servizio sono la base che unisce i mattoni e che fa sì che le diverse comunità siano una chiesa di sorelle e di fratelli.
• Giovanni 14,3-4: L’addio di Gesù. Gesù dice che va a preparare un luogo e dopo ritornerà per portarci con lui nella casa del Padre. Lui vuole che stiamo tutti con lui per sempre. Il ritorno di cui parla Gesù è la venuta dello Spirito che lui manda e che agisce in noi, in modo che possiamo vivere come lui visse (Gv 14,16-17.26; 16,13-14). Gesù finisce dicendo: "E del luogo dove io vado, voi conoscete la via!" Chi conosce Gesù conosce la via, poiché la via è la vita che lui visse e che lo condusse attraverso la morte insieme al Padre.
• Giovanni 14,5-6: Tommaso gli chiede qual è la via. Tommaso dice: "Signore, non sappiamo dove vai. Come possiamo conoscere la via?" Gesù risponde: "Io sono la via, la verità e la vita! Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. Tre parole importanti. Senza la via, non si va. Senza la verità non si fa una buona scelta. Senza vita, solo c’è morte! Gesù spiega il senso. Lui è la via, perché “nessuno viene al Padre se non per mezzo di me". E lui è la porta da dove entrano ed escono le pecore (Gv 10,9). Gesù è la verità, perché guardando lui, stiamo vedendo l’immagine del Padre. "Chi conosce me conosce il Padre!" Gesù è la vita, perché camminando come Gesù staremo uniti al Padre ed avremo vita in noi!
4) Per un confronto personale
• Che incontri belli del passato conservi nella tua memoria, incontri che ti danno forza per andare avanti?
• Gesù disse: "Nella casa del Padre mio ci sono molti posti". Cosa significa questa affermazione per noi oggi?
5) Preghiera finale
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto prodigi.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo. (Sal 97)
da | O.Carm

Papa Francesco ricorda S. Teresina ai cristiani perseguitati



di Iacopo Iadarola

Riportiamo qui in fondo il testo e il video del messaggio rivolto da Papa Francesco ai cristiani di Mosul profughi a Erbil (Iraq) lo scorso 6 dicembre. Per esprimere la sua premura e la sua vicinanza per la situazione di indicibile dolore in cui questi nostri fratelli versano, il Santo Padre ricorre alla sua “querita” (come da lui stesso più volte definita) S.Teresa di Gesù Bambino, citando un’immagine, quella dalla canna piegata dal | carmeloveneto.i cara: “Io oggi vorrei avvicinarmi a voi che sopportate questa sofferenza, esservi vicino… E penso a santa Teresa del Bambin Gesù, che diceva che lei e la Chiesa si sentiva come una canna: quando viene il vento, la tempesta, la canna si piega, ma non si rompe! Voi siete in questo momento questa canna, voi vi piegate con dolore, ma avete questa forza di portare avanti la vostra fede, che per noi è testimonianza. Voi siete le canne di Dio oggi! Le canne che si abbassano con questo vento feroce, ma poi sorgeranno!”

L’immagine della canna ricorre in varie lettere della Santa1, ed in calce ad alcune di queste ella stessa si firma come la “piccola canna”; alla sua vestizione monacale ricevette una canna come contrassegno per marcare i propri indumenti personali. Inoltre, come afferma nel Manoscritto A di Storia di un’anima, “Teresa non dimentica di essere soltanto una debole canna, per questo l’ha posta sul suo blasone” (85v°): qui a lato se ne può vedere una riproduzione.

Riportiamo infine la lettera del luglio 1888 a sua sorella Suor Maria Agnese di Gesù, che, per il suo richiamo alla testimonianza martiriale, è quella che doveva presumibilmente rammentare papa Francesco nella stesura del suo messaggio:

«Grazie al mio caro Agnello d'aver fatto nuovamente udire all'agnellino la musica del cielo. Il dolce zefiro ha scosso dolcemente la piccola canna... Erano le nove quando la canna ha scorto la preziosa letterina. Non aveva un raggio di luce, ma il suo cuore, prima ancora dei suoi occhi, ha riconosciuto a volo la musica di santa Cecilia: non ne ha perduta nemmeno una nota! Sì, bramo queste angosce del cuore, questi colpi di spillo di cui parla l'Agnello. Che importa alla piccola canna se deve piegarsi? Non ha paura di rompersi perché è stata piantata in riva alle acque. Invece di andare a toccare la terra, quando si piega, non incontra altro che un'onda salutare che la fortifica e suscita in lei il desiderio di nuove tempeste. È la sua debolezza che costituisce tutta la sua forza. Non potrebbe spezzarsi mai perché, qualunque cosa le accada, non vuol vedere altro che la dolce mano del suo Gesù. Talvolta, i piccoli colpi di vento sono più difficili a superarsi per la fragile canna delle grandi tempeste perché allora, mentre vorrebbe immergersi di nuovo nell'amato torrente, i colpi di vento non sono forti abbastanza per piegarla così in basso. Sono queste le punture di spillo...
Ma nulla è troppo duro da sopportare, pur di conquistare la palma...»

Ricordiamo che il Papa invita la Chiesa tutta a pregare, in special modo oggi 8 dicembre, per questi nostri fratelli esposti alla tempesta della persecuzione.

http://youtu.be/ZI-BAj8zGDs

Seguendo questo collegamento è possibile leggere il testo completo del messaggio.

1 Cf. le lettere 49,54 e 55, secondo la numerazione dell’edizione delle Opere complete curata dalla Libreria Editrice Vaticana e Edizioni OCD, Roma 2009. Cf. anche le lettere 84, 85, 120 della Correspondance générale de Sainte Thérèse de l'Enfant-Jésus et de la Sainte-Face, I, Cerf/DDB, Parigi 1972./a>.

Da | carmeloveneto.it

LA RISPOSTA AD AUSCHWITZ Di S.GIOVANNI PAOLO II PARTE DALLA CARITA' DI S.MASSIMILIANO KOLBE

http://gloria.tv/media/RSTVGTFCi4X clicca qui per vedere il filmato

Vedi il bellissimo servizio sulla vita donata di Karol Wojtila per la pace nel mondo

Siamo sulla soglia del luogo, che fu costruito come negazione
della fede - fede in Dio e fede nell'uomo- e per calpestare radicalmente non soltanto l'amore, ma  tutti i segni della divinità umana, del senso di umanità.
 Un luogo `che fu costruito sull'odio e sul disprezzo dell'uomo, nel nome di un'ideologia folle, un luogo costruito sulla crudeltà...
In questo luogo ha conseguito la vittoria attraverso la fede e l'amore un uomo di nome Massimiliano Maria...
Egli ha conseguito una vittoria spirituale, simile a quella di Cristo stesso... sicuramente però, molte altre vittorie simili sono state qui conseguite...
 Vogliamo abbracciare con atto di profonda venerazione ognuna di queste vittorie, ogni manifestazione di umanità...'.
Giovanni Paolo II
(Oswiecim - Brzezinka, 7.6.1979

da  http://umanoedivino.blogspot.it/2015/04/la-risposta-ad-auschwitz-di-sgiovanni.html

Uno schiaffo!


Altrettanto potentemente mi colpiva quanto riportato dalla cronaca dell’ultimo naufragio. Due cadaveri ripescati in mare portavano tatuata sulla pelle questa frase: «Possa Dio aiutarci», ed altri portavano scritto sulla mano il luogo da cui provenivano, il nome del loro paese di origine. Una preghiera e il nome della propria casa: con questi sentimenti si affronta il mare.
Cosa posso dire? Come posso convincere i miei amici studenti? Ci sono due livelli che posso toccare.
Uno più “laico”. Lo dico citando Giorgio Gaber che in uno dei suoi concerti ha raccontato questo aneddoto. «Ho fatto un sogno. Ero un naufrago in mezzo al mare. Ad un certo punto tra le onde vedo spuntare qualcosa: una testa, una persona. Speriamo che non mi veda penso perché non c’è posto per due sulla zattera! E invece mi vede, agita una mano e incomincia a nuotare verso di me. Cosa fare? Non posso farlo salire. Allora prendo il remo e quando lui è vicino, lo alzo e Purtroppo mi sveglio. Come è andata a finire? Devo riaddormentarmi per sapere se mi sono salvato! Allora ci provo a dormire e a sognare. Ed effettivamente mi accade di dormire e ricomincio pure a sognare: il mare, ovunque, attorno. Ma ora sono io nel mare! E lì, per fortuna, c’è una zattera. Allora mi affanno a gridare, a fare segnali, e incomincio a nuotare verso la zattera. Gli sono ormai giunto vicino quando il naufrago alza il remo e baam: che botta! Per fortuna era un sogno e mi sono svegliato!». Detto in altro modo: se ci fossi io al posto loro?
Uno più cristiano e perciò più umano. Diceva Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est che «il programma del cristiano il programma del buon Samaritano, il programma di Gesù è un cuore che vede. Questo cuore vede dove c’è bisogno di amore e agisce in modo conseguente». Il problema è come percepisco il mio cuore, fatto da Dio e abitato da Lui. Il problema è come percepisci il tuo cuore, fatto da Dio e abitato da Lui. Il problema è saper vedere in chi soffre il volto sofferente di Gesù e avvicinarmi a lui mostrando – attraverso me – il volto consolante di Gesù: la liturgia del prossimo, come la definiva il beato Vladimir Ghika. Se si tende a questa profondità allora accade con semplicità quello che suor Emmanuelle racconta nel suo libro Ricchezza della povertà: «Qual è la chiave che apre un rapporto vivo, da uomo a uomo? Il cuore, il centro più intimo della persona, laddove si uniscono le facoltà dellintelletto, della sensibilità e della volontà. E il cuore che riscalda e brucia. Dà calore ai nostri contatti con laltro. Laltro non è compreso attraverso un ragionamento freddo, né unemotività pura, né una determinazione rigorosa, ma mediante uno slancio spontaneo dellintero essere». Detto in altro modo: la risposta ad ogni questione è in quella profondità del cuore abitata da Dio. Lui è salito sulla mia piccola barca che attraversa la tempesta della vita: e l’ha pacificata.

da | www.mec-carmel.org

Maria e Lo Scapolare

 fullofgrace.JPG
Carmelo S.Anna - Carpineto Romano

La purificazione del cuore

Maria è "il libro nel quale è scritta la Regola nostra, perché in lei è scritto il Verbo" (Cost. 22). Questa frase tratta dalle Costituzioni delle monache dell’Ordine dei fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, vede in Maria – "la divina taciturna" (David Maria Turoldo) – la "parola vivente" di Dio sulle orme del Figlio. Per testimoniare anche noi, con la nostra vita, la fede in Gesù, guardiamo a lei per incarnare il carisma carmelitano.

Maria è la "Piena di Grazia", è un privilegio a lei dato da Dio, ma a cui ha saputo rispondere, e che ha vissuto con totale donazione e la piena adesione della sua santa Volontà. Sappiamo che Maria era vergine nel corpo, nel cuore e nella mente. Anche lei, come tutti noi, ha comunque dovuto compiere il suo cammino personale di adesione al progetto di Dio nella sua vita.
Maria "fa memoria", ricorda e ringrazia per quanto il Signore opera in lei...

Nell’episodio dell’Annunciazione per ben tre volte viene detto che Maria è vergine. L’angelo viene mandato "a una vergine" (La 1, 27). Lei stessa dice di sé: "Non conosco uomo". La purezza del cuore, invece, la troviamo bene espressa nella frase dettale dal vecchio Simeone: "E anche a te una spada trafiggerà l’anima" (Lc 2, 35).

Maria, infatti, imparerà ad accogliere la Volontà di Dio non solo nella gioia, ma anche nella sofferenza e nel dolore. Parteciperà con il martirio del cuore alla passione redentrice del figlio. Ella diventa, così, un esempio per tutti noi per vivere la purezza, ciascuno nel proprio stato di vita, attraverso l’esercizio della virtù.

La purificazione del cuore sarà allora per noi il saper mettere Dio al primo posto nella nostra vita, ascoltare, accogliere e compiere la sua Volontà. Sarà il saperci perdonare sempre, il pensare bene degli altri, l’agire con intenzioni buone, il vedere sempre il lato bello e buono di ogni persona e situazione. È saper offrire il proprio dolore e accogliere anche la sofferenza come un dono di Dio, sull’esempio di Maria.

La contemplazione

Maria ha sperimentato la presenza di Dio in ogni momento della sua vita. Il punto più alto della sua contemplazione è coinciso con un’esperienza di preghiera in cui ha incontrato la potenza dell’Altissimo e la sua anima si è unita a Dio per opera dello Spirito Santo generando il Verbo. La sua contemplazione è divenuta vita!

Maria ci esorta, così, a vivere il nostro incontro con Dio nel silenzio, nella solitudine, nella preghiera e a saper vivere in comunione con Lui anche tutti gli altri momenti della nostra vita, fatti di incontri, di lavoro, di divertimento, densi di avvenimenti…

In tutto questo si manifesta Dio e noi Lo incontreremo se avremo fatto spazio a Lui nella nostra vita, dedicandogli parte del nostro tempo solo per Lui, nella preghiera. Come Maria, inoltre, che "serbava tutte queste cose nel suo cuore" (Lc 2, 51), dobbiamo imparare a fare memoria, a ricordare e ringraziare Dio per tutto quello che compie nella nostra vita.

Il servizio

Il servizio è stato vissuto da Maria in modo esemplare nell’aiuto portato alla cugina Elisabetta. Rileggiamo alcune frasi del celebre passo dell'evangelista Luca (Lc 1, 39-40):

- "Si mise in viaggio";
- "Raggiunse in fretta…";
- "Entrò nella casa".

Sono tutti verbi che sottolineano l’agire di Maria. Affronta il viaggio, la fatica, il pericolo. Il suo servizio non è per una gratificazione personale, ma per compiere la Volontà di Dio. Anche nei primi anni di Gesù vissuti con lei e Giuseppe a Nazareth, quello di Maria è un servizio fatto nell’umiltà (Lc 1, 48) e nel nascondimento: "Fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth. Il bambino cresceva e si fortificava…" (Lc 2, 39-40).

Il servizio nascosto non è stato documentato nei Vangeli, ma lo si può facilmente intuire pensando ai doveri di sposa e di madre che Maria ha sicuramente adempiuti.
"Maria, candido giglio della SS.Trinità, prega per noi!"

Il servizio più doloroso è stato infine quello di accompagnare Gesù fin sotto la croce. Maria, così, ci insegna e ci invita al servizio umile, nascosto, perseverante, fedele anche nelle difficoltà, ci incoraggia ad alimentare lo spirito di sacrificio e il coraggio. Tutte cose da saper vivere nelle normali circostanze della vita quotidiana.

La fraternità

Come riferisce l'evangelista Matteo, Giuseppe "decise di licenziarla in segreto" (Mt 1, 19). Come per Giuseppe non fu facile credere al concepimento verginale per opera dello Spirito Santo, così anche per Maria non è stato facile accettare i dubbi legittimi di Giuseppe, ma Maria ha saputo tacere, qualità a volte indispensabile nella vita fraterna. Accettare il giudizio altrui, senza dare spiegazioni, è segno di fiducia in Dio e negli altri.

A Betlemme, nell'imminenza della nascita di Gesù, Luca ci riferisce che "non c’era posto per loro nell’albergo" (Lc 2, 7). Maria ha accettato il rifiuto, l’indifferenza, ha saputo vedere nella mangiatoia un dono provvidente di Dio e ha saputo così accontentarsi di quel che ha trovato senza lamentarsi. Lascia il meglio agli altri, non pensa a sé, accoglie i pastori.

Così Maria ci educa a saper accettare il giudizio degli altri, anche quando è un rifiuto, l’incomprensione, ci insegna a saper tacere, a condividere la propria gioia, a sapersi adattare, ad avere pazienza. Ci educa nel dare attenzione agli altri, accettare anche gli inevitabili contrattempi, ci istruisce insomma su tutte quelle virtù indispensabili per la vita fraterna e il rapporto con gli altri.

"Non hanno più vino" (Gv 2, 3). La dimensione della fraternità è sottolineata in modo particolare nell’episodio delle nozze di Cana. Qui viene suggerita l’attenzione alle necessità altrui e l’accettazione di un’incomprensione da parte del Figlio. Ecco dunque per noi un ulteriore invito di Maria a saper accettare anche l’incomprensione da parte delle persone a noi più care.

Liberi di scegliere

Nel "Magnificat" Maria dice: "Ha guardato la piccolezza ["tapèinosis" in greco] della sua schiava". Queste parole – testimonianza di Maria, che troviamo nel vangelo di Luca (Lc 1, 48) ci suggeriscono che lo sguardo del Signore si posa sui piccoli, sui poveri. Egli è attirato dalla nostra piccolezza, che nella Madonna si rivela piena di disponibilità come esprime bene il termine "schiava". Lo schiavo, come sappiamo, è completamente sottomesso e dipendente dal volere del suo padrone.

Però Maria non è schiava di un padrone qualunque, Maria è la schiava del Signore. A questo proposito Gesù, affermando che "non si possono servire due padroni" (Mt 7, 24), ci invita a fare una scelta, a prendere una posizione consapevole: di chi o di cosa vogliamo essere servitori?

Ancora nel Vangelo di Matteo possiamo riflettere sulla scelta del giovane ricco (Mt 19, 16 e seguenti), che desideroso di trovare la pienezza della vita chiede a Gesù: "Che mi manca ancora?" (Mt 19, 20b). La risposta del Signore è: "Se vuoi essere perfetto và, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi" (19, 21). Ma il giovane, udito questo, se ne andò triste, scegliendo di non accettare l’invito di Gesù.

In Luca (Lc 1, 26 ss) troviamo invece la scelta di Maria, che risplende come disponibilità totale e senza riserve. All’annuncio dell’Angelo infatti, Maria ascoltò la voce di Dio e rispose: "Eccomi, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1, 38).

Da questo breve confronto risulta evidente che la disponibilità riesce più facile a chi è povero e piccolo e non possiede molti beni, quelli che il giovane ricco non volle lasciare. E mentre al "no" del giovane seguì la tristezza, all’Eccomi di Maria seguì la gioia e l’esultanza, espressa nel canto del Magnificat: "L’anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore" (Lc 1, 46-47). Sì, perché quando Gesù ci suggerisce di rinunciare a qualcosa, è solo perché vuol donarci qualcosa di molto più grande. Maria lo ha creduto, e per questo - nello stesso canto del Magnificat, prosegue: "Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e santo è il suo nome" (Lc 1, 49).

Anche noi vogliamo cantare come Maria, insieme a Lei, e perciò domandiamo il suo aiuto per dire il nostro "Sì" a Dio ogni giorno e a proclamare in eterno "la sua Misericordia, che si stende su quelli che lo temono" (Lc 1, 50).
da | O.Carm

Maria nel nostro cammino

 caminomaria.JPG
Carmelo S.Anna - Carpineto Romano

"Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Custodendo le tue parole": così afferma il lunghissimo Salmo 118, al versetto 9. Pone la domanda, ma da anche la risposta: la Parola del Signore, letta, meditata, custodita, fatta fruttificare nel cuore, "conserva" il cuore, il corpo e la mente.
"Maria ha vissuto come noi, umile serva del Signore, del suo lavoro quotidiano, della cura delle persone
a lei affidate..."

Anche il nostro Maestro, Gesù, ce lo ricorda: "Io sono la via, la verità e la vita" (Giovanni 14, 6). È la risposta a tutto. Così quando si è giovani, quando il cuore comincia a pulsare forte per un altro, quando ci si innamora, quando si sente forte la passione si può tutto incanalare nel Signore, nella sua Parola. "Nella tua volontà è la mia gioia" (Salmo 118, 16). "Gli orecchi mi hai aperto. Allora ho detto: "Ecco, io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto, che io faccia il tuo volere. Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore"".

"Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua verità e istruiscimi" (Salmo 25, 4-5). "Mostrami, Signore, la tua via, perché nella tua verità io cammini" (Salmo 86, 11).

Chi, se non Maria, ha custodito la via del Signore? Chi, se non Maria, ha custodito nel cuore la Parola del Signore? Chi, se non Maria, ha portato nel suo grembo Gesù, Figlio di Dio? Con Maria tutti possiamo rispondere: "Ecco la serva del Signore, si compia in me la tua parola" (Luca 1, 38).

L’esempio quotidiano, il modello da seguire, la donna a cui far riferimento è Maria. Lei ha vissuto come noi, umile serva del Signore, del suo lavoro quotidiano, delle sue faccende domestiche, della cura di Giuseppe e di Gesù. Una vera famiglia, veri incontri, veri lavori, veri rapporti. Maria ci è di esempio in tutto: nella preghiera, nell’ascolto della Parola, nel servizio, nella cura delle persone che le erano affidate, nell’esempio e nella fortezza.

Quante volte Maria avrà pregato? Moltissime, se ci rifacciamo alla tradizione ebraica. Non avrà avuto certo in mano la Liturgia delle Ore, ma è sicuro che conosceva la Bibbia! È lei, la bellissima donna "vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi", di cui ci parla l’Apocalisse; è lei la sposa di Cristo che scende dalla Gerusalemme celeste, come una sposa adorna per il suo sposo.

Dice il papa Benedetto XVI nella sua enciclica Deus Caritas est (n. 41): ""L’anima mia rende grande il Signore", ed esprime con ciò tutto il programma della sua vita: non mettere se stessa al centro, ma fare spazio a Dio incontrato sia nella preghiera che nel servizio al prossimo. Solo allora il mondo diventa buono. Maria è grande proprio perché non vuole rendere grande se stessa, ma Dio.
da | O.carm

Lectio: Giovedì, 30 Aprile, 2015


Tempo di Pasqua
1) Preghiera
O Dio, che hai redento l’uomo
e lo hai innalzato oltre l’antico splendore,
guarda all’opera della tua misericordia,
e nei tuoi figli, nati a vita nuova nel Battesimo,
custodisci sempre i doni della tua grazia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
2) Lettura
Dal Vangelo secondo Giovanni 13,16-20
In quel tempo, dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù disse loro: “In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: ‘‘Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno’’. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. In verità, in verità vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”.
3) Riflessione
• A partire da oggi, per tre settimane, tutti i giorni, eccetto le feste, il vangelo di ogni giorno è tratto dalla lunga conversazione di Gesù con i discepoli durante l’Ultima Cena (Gv 13 a 17). In questi cinque capitoli che descrivono l’addio di Gesù, si percepisce la presenza di quei tre fili di cui abbiamo parlato in precedenza e che tessono e compongono il vangelo di Giovanni: la parola di Gesù, la parola delle comunità e la parola dell’evangelista che fece l’ultima redazione del Quarto Vangelo. In questi capitoli, i tre fili sono in tal modo intrecciati che il tutto si presenta come una tela unica di rara bellezza ed ispirazione, dove è difficile distinguere ciò che è dell’uno e ciò che è dell’altro, ma dove tutto è Parola di Dio per noi.
• Questi cinque capitoli presentano la conversazione che Gesù ebbe con i suoi amici, la sera del suo arresto e morte. Fu una conversazione amica, che rimase nella memoria del Discepolo Amato. Gesù sembra che volle prolungare al massimo questo ultimo incontro, questo momento di molta intimità. Lo stesso avviene oggi. C’è conversazione e conversazione. C’è la conversazione superficiale che usa parole e parole e rivela il vuoto delle persone. E c’è la conversione che va in fondo al cuore e rimane nella memoria. Tutti noi, ogni tanto, abbiamo questi momenti di convivialità amichevole, che dilatano il cuore e costituiscono una forza nei momenti di difficoltà. Aiutano ad avere fiducia ed a vincere la paura.
• I cinque versi del Vangelo di oggi tirano due conclusioni dalla lavanda dei piedi (Gv 13,1-15). Parlano (a) del servizio quale caratteristica principale dei seguaci di Gesù, e (b) dell’identità di Gesù, rivelazione del Padre.
• Giovanni 13,16-17: Il servo non è più grande del suo padrone. Gesù ha appena terminato di lavare i piedi dei discepoli. Pietro si impaurisce e non vuole che Gesù gli lavi i piedi. “Se non ti laverò, non avrai parte con me” (Gv 13,8). E basta lavare i piedi; non c’è bisogno del resto (Gv 13,10). Il valore simbolico del gesto della lavanda dei piedi consiste nell’accettare Gesù quale messia Servo che si dona per gli altri, e rifiutare un messia re glorioso. Questo dono di sé, servo di tutti è la chiave per capire il gesto della lavanda. Capire questo è la radice della felicità di una persona: “Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica". Ma c’erano delle persone, anche tra i discepoli, che non accettavano Gesù, Messia Servo. Non volevano essere servi degli altri. Probabilmente, volevano un messia glorioso Re e Giudice, secondo l’ideologia ufficiale. Gesù dice: "Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma si deve adempiere la Scrittura: Colui che mangia il pane con me, ha levato contro di me il suo calcagno!” Giovanni si riferisce a Giuda, il cui tradimento sarà annunciato subito dopo (Gv 13,21-30).
• Giovanni 13,18-20: Ve lo dico fin d’ora, perché crediate che IO SONO. Fu in occasione della liberazione dall’Egitto, ai piedi del Monte Sinai che Dio rivelò il suo nome a Mosè: “Io sarò con te!” (Es 3,12), “Io sono colui che sono” (Es 3,14), “'Sono' o 'Io sono' mi mandò fino a te!” (Es 3,14). Il nome Yahvé (Es 3,15) esprime la certezza assoluta della presenza liberatrice di Dio accanto al suo popolo. In molti modi e in molte occasioni questa stessa espressione Io Sono è usata da Gesù (Gv 8,24; 8,28; 8,58; Gv 6,20; 18,5.8; Mc 14,62; Lc 22,70). Gesù è la presenza del volto liberatore di Dio in mezzo a noi.
4) Per un confronto personale
• Il servo non è più grande del suo signore. Come faccio della mia vita un servizio permanente agli altri?
• Gesù seppe convivere con le persone che non lo accettavano. Ed io?
5) Preghiera finale
Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
perché hai detto:
“La mia grazia rimane per sempre”;
la tua fedeltà è fondata nei cieli. (Sal 88)
da | O.Carm

martedì 28 aprile 2015

Papa Francesco e S. Teresina - Testimonianza di un vescovo carmelitano

Riportiamo la testimonianza del vescovo carmelitano della diocesi di Morondava (Madagascar), Mons. Fabien Raharilamboniaina, pubblicata sul numero di marzo-aprile 2014 della rivista "Madonna delle Laste", periodico del nostro convento di Trento.

mons.fabien

Il 28 marzo scorso alle 10.30 sono stato anch'io dal Papa per la visita "ad limina apostolorum" con gli altri vescovi del Madagascar. Eravamo in ventidue. Ognuno a suo turno si è presentato, io ero il quarto. Quando gli ho detto che sono carmelitano, il papa ha preso subito la parola dicendoci che voleva farci una confidenza sulla sua esperienza con santa Teresa di Gesù Bambino. L'ha conosciuta nel 1991, quando ha chiesto alla Santina una grazia ed era stato esaudito. Ha poi approfondito la sua spiritualità e ha letto i suoi Manoscritti autobiografici. Da allora ha avuto modo di meravigliarsi per quello che Teresa ha fatto per lui.

Lo ha sempre accompagnato, sino ad oggi. Persino durante gli ultimi Esercizi Spirituali, in cui aveva una grande preoccupazione, gli ha dato un segno con cui Teresa gli ha detto di avere fiducia. Non aveva ancora formulato la sua preghiera che santa Teresa gli aveva già risposto. Ciò significa che Teresa risponde prima ancora che si domandi. E’ il modo di agire di Dio. Il papa ha parlato di questa sua esperienza per quindici minuti. L'indomani mattina sono stato a concelebrare con il Papa a S. Marta e sono andato a salutarlo dopo la celebrazione. Mi ha tenuto per ultimo e mi ha consegnato una pagellina con una preghiera ed una foto di santa Teresa (quella in cui è vestita da Giovanna d'Arco).

Mi ha chiesto di recitarla perché Teresa ci accompagna al di là delle nostre attese. L'ho ringraziato e gli ho promesso di pregare in quel modo, cosa che ho fatto non appena sono arrivato nella mia camera. Sono uscito poi per andare alla "Propaganda Fide" dove noi vescovi del Madagascar dovevamo incontrare il cardinale prefetto Filoni. Il pullman era già pronto quand'ecco che il Papa mi manda a dire che mi vuole parlare. Ho saputo da lui stesso che mi aveva cercato più volte nella mia stanza al numero che occupavo. Non trovandomi, ha mandato un segretario e anche una guardia svizzera a prendermi.

Una guardia svizzera mi ha accompagnato al secondo piano, dove il santo Padre apre la porta e si scusa di avermi chiamato e di accogliermi nella sua camera privata (e vestito semplicemente). Mi ha mostrato il suo appartamento veramente semplice. Mi ha anche fatto vedere le reliquie di santa Teresa e dei suoi genitori poste a fianco della sua scrivania. Le ha baciate e io ho fatto lo stesso.

Abbiamo recitato insieme la preghiera a santa Teresa. "Affidati a s. Teresa, ti fa bene", mi ha detto. Santa Teresa, mi ha detto, usa dei mezzi semplici, meno che ordinari, per fare delle cose straordinarie. Alla maniera di Cristo che con la croce, che è niente, ha operato la salvezza del mondo. Teresa è diretta, efficace e rapida. Mi ha detto che vorrebbe canonizzare i genitori in occasione del Sinodo sulla famiglia. Ma la Congregazione per le cause dei Santi attende la verifica del miracolo.

Mi ha detto di pregare per l'intercessione di santa Teresa per la mia diocesi e per me. Ho risposto che Teresa aveva già fatto un miracolo per me conducendomi nel suo studio privato, cosa a cui mai avrei pensato. Il papa ha riso e mi ha detto che vedrò meraviglie di Dio più grandi. Mi ha chiesto di scrivere il mio nome ed il mio indirizzo sulla tavola dove si trovano le reliquie. Gli avevo detto che la mia vocazione era nata in seguito al martirio di p. Sergio Sorgon (nel 1985) e il Papa ha osservato che, se p. Sergio è morto martire, non occorre per la sua beatificazione il solito miracolo ed ha aggiunto, scherzando, che il miracolo sono io. Ci siamo scambiati dei sorrisi e mi ha fatto gli auguri per la mia diocesi e per il Carmelo. Gli ho detto che Teresa è la seconda patrona della diocesi e che all'inizio era persino la prima. La mia diocesi di Morondava compirà 60 anni nel 2015. Mi ha promesso che parteciperà in modo concreto a questo anniversario. Ho saputo poi che un vescovo della "Propaganda Fide" verrà per l'occasione. Sono uscito e sono andato nella cappella per ringraziare il Signore. Ero in ritardo di 25 minuti all'appuntamento con il dicastero che era stato però avvertito.

P. Fabien Raharilamboniaina

Da | carmeloveneto.it

Il "Magnificat"

magnificat.JPG
Suor Maria Grazia del Santo Rosario

Ripercorro la mia vita, ed ecco...
L'anima mia magnifica il Signore.

Perché mi ha dato, con la vita,
da genitori poveri e semplici,
il germe della fede;
per un'infanzia sana,
per una giovinezza provata, ma custodita...
Per tutto questo:
l'anima mia magnifica il Signore.

Per le esperienze non prive di  pericoli,
ma necessarie alla mia maturità umana,
l'anima mia magnifica il Signore.

Per quando mi vergognavo
o avevo paura di confessare a me stessa
che Gesù mi chiamava,
e nel caos tumultuoso di questa lotta
Lui mi si rivelò al largo del Tirreno
e, mentre lo intravedevo
fra le sue onde tranquille,
riuscii a dire a me stessa:
"il più forte vincerà",
l'anima mia magnifica il Signore.

L'anima mia magnifica il Signore
per la luce e le grazie che ne seguirono,
per i dubbi e le lotte,
per le sconfitte e per le vittorie,
per la paura che mi assalì nel momento
in cui varcavo la soglia del Carmelo,
per tutto quello che ne derivò,
l'anima mia magnifica il Signore.

Ma, soprattutto, l'anima mia magnifica il Signore
perché mi ha aiutato ad essere me stessa
nella debolezza e nella forza,
nella paura che gli altri mi giudicassero male
per un concetto negativo di me,
nella paura che la mia poca salute
fosse di ostacolo alla mia santificazione,
nella paura della paura,
che non è stata mai paura di Te, Signore.
L'anima mia Ti magnifica, Signore.

Perché mi hai custodita in ogni tempo,
nel viaggio impervio di prove
che mi hanno prostrata
e in cui come Elia ho desiderato la morte
mentre mi aggiravo nel deserto senza meta
col desiderio di un'oasi,
e il peso di me stessa mi ostacolava il raggiungerla,
ed essa era lì,
ed io impedivo a me stessa il vederla…
oh, anche per questo
l'anima mia magnifica il Signore!

L'anima mia magnifica il Signore
per la fame e la sete che ha colmato,
per la croce che ha portato con me
perché non perissi sotto di essa,
per i doni, per la vita, per la fede,
per la speranza, per i lumi, per l'amore,
per la stabilità, per l'incertezza
che mi spinge a diffidare di me
e confidare di più in Lui,
per la nostalgia di deserto
che sta scavando nel mio animo,
per l'amore e l'amicizia che mi legano
a tutti senza legarmi a nessuno,
per tutto il mistero che mi avvince
nel tempo e nell'eternità.
L'anima mia magnifica il Signore!

da | O.Carm

"Un attimo eterno..." Credere e testimoniare il mistero di Dio, come Maria

Un-attimo-eterno.jpg
Carmelo S.Anna - Carpineto Romano

Una intuizione, scaturita dall'incontro personale col Signore nella preghiera, è stata che l'attimo - per così dire - carico di Eternità, non fu quello in cui il messaggero divino incontrò e parlò a Maria, quello in cui l'Arcangelo Gabriele le recò l'annunzio della "nascita delle nascite", quella del Salvatore; ma fu precisamente quello che seguì. Si resta affascinati e colpiti in profondità dall'istante che seguì immediatamente il ritorno dell'Angelo a Dio, quello in cui la giovanissima Vergine rimase sola.
Un attimo prima uno sfolgorio di parole luminose e pregnanti di speranza, un attimo dopo il buio della quotidianità. Sì, Da un annuncio così alto e grande e profondo del Mistero, ad un ripiombare quasi nell'oscurità della realtà quotidiana, un "riemergere" da gestire con fede e coraggio. Qui la Madonna è una di noi. E qui la Madonna è la creatura prescelta da Dio, resa capace di portarlo dentro di sé e di darlo alla luce.
Maria, ora sei sola; hai sentito un annunzio di gioia e di speranza, hai udito un grande e profondo Mistero; ma poi rimani sola con il Mistero che, se appena udito e dunque compreso e accolto, non può essere tuttavia penetrato da alcuna mente umana e quindi va accettato momento per momento e accolto giorno dopo giorno, attimo per attimo. Un Mistero che ti creerà non piccoli problemi con gli altri, anche tra coloro che ti amano e coloro che ti conoscono, ma soprattutto con tutti coloro che non sanno.

Sarà un mistero che ti permeerà: la Divinità che viene ad abitare in te e che non verrà compresa: una maternità scomoda, perché fraintendibile e verosimilmente fraintesa e che, anche a te, sconvolgerà i tuoi progetti e i tuoi pensieri su Dio. Davvero il Signore "non guarda l'apparenza, ma il cuore": lo dimostra anche questa Sua scelta. Per l'amore e la stima e il rispetto che Dio ti porta, quell'Annuncio non poteva forse avvenire dopo il tuo matrimonio con Giuseppe?

Questo avrebbe salvaguardato la tua dignità agli occhi degli altri. Ecco, questo è uno dei messaggi: "gli occhi degli altri" sono importanti nella tua vita, nella nostra vita, solo nella misura in cui sanno vedere l'opera di Dio che si va compiendo e che Egli opera misteriosamente. E tu, come Abramo, tuo padre nella fede, "hai creduto a Dio, che te lo ha accreditato come giustizia". Perché: "nulla è impossibile a Lui".

Madre Santa, Vergine bellissima e sola, insegna anche a noi a saper stare, soli, con Dio; insegnaci a saper stare soli col Mistero che portiamo, ciascuno, dentro di noi. Maria, che non hai compreso le parole di Gesù quando a 12 anni rimase volontariamente a Gerusalemme nel Tempio, ma che hai meditato tutte le cose nel tuo cuore, insegnaci questa disposizione faticosa ma feconda, profondamente spirituale perché genuinamente umana: fa' che comprendiamo nel cuore che non vi è niente che non sia possibile a Dio.

Egli è onnipotente e può fare tutto, per cui non c'è nulla che Egli non possa fare: fa' che lo crediamo e di conseguenza lo testimoniamo con la nostra condotta di vita, fa che lo mettiamo in pratica nel nostro quotidiano, che non lo dimentichiamo, ma che lo meditiamo, con te, nel nostro cuore. E se qualche volta ci rendiamo conto di pensare e parlare e agire come se non lo credessimo vero, fa' che ricordiamo, allora, che a quelle parole divine tu, Madre, hai saputo rimanere "sola col Solo".

Madre del Carmelo, fa' che anche noi "sappiamo scegliere sempre la parte migliore, che non ci verrà tolta" Amen.

da | O.Carm

Lectio: Mercoledì, 29 Aprile, 2015

catrina.jpeg
1) Preghiera
O Dio, che in santa Caterina da Siena,
ardente del tuo spirito di amore,
hai unito la contemplazione di Cristo crocifisso
e il servizio della Chiesa,
per sua intercessione concedi a noi tuoi fedeli,
partecipi del mistero di Cristo,
di esultare nella rivelazione della sua gloria.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) Lettura
Dal Vangelo secondo Matteo 11,25-30
In quel tempo, Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

3) Riflessione
• Il vangelo di oggi è composto da appena sei versetti (Mt 11,25-30) cha fanno parte di una breve unità letteraria, una delle più belle, in cui Gesù ringrazia il Padre per aver rivelato la saggezza del Regno ai piccoli e perché la nasconde ai dottori e ai saggi (Mt 11,25-30). Nel breve commento che segue includeremo tutta l’unità letteraria.
• Matteo 11,25-26: Solo i piccoli accettano e comprendono la Buona Novella del Regno. Gesù recita una preghiera: "Io ti ringrazio, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai saggi e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli”. I saggi, i dottori di quell’epoca, hanno creato un sistema di leggi che imponevano al popolo in nome di Dio (Mt 23,3-4). Loro pensavano che Dio esigeva dalla gente queste osservanze. Ma la legge dell’amore, che Gesù ci ha rivelato, diceva il contrario. Ciò che importa per salvarci, non è ciò che facciamo per Dio, ma ciò che Dio, nel suo grande amore, fa per noi! Dio vuole misericordia e non sacrifici (Mt 9,13). La gente piccola e povera capiva questo modo di parlare di Gesù e si rallegrava. I saggi dicevano che Gesù era nell’errore. Non riuscivano a capire questo insegnamento. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto! Piace al Padre che i piccoli capiscano il messaggio del Regno e che i saggi e i sapienti non lo capiscano! Se loro vogliono capirlo, devono diventare alunni dei piccoli! Questo modo di pensare e di insegnare scomoda la gente e cambia la convivenza.
• Matteo 11,27: L’origine della nuova Legge: il Figlio conosce il Padre. Quello che il Padre ci deve dire, lo ha consegnato a Gesù, e Gesù lo rivela ai piccoli, perché questi si aprano al suo messaggio. Gesù, il Figlio, conosce il Padre. Lui sa ciò che il Padre ci voleva comunicare, quando molti secoli or sono, consegnò la sua Legge a Mosè. Anche oggi, Gesù sta insegnando molte cose ai poveri e ai piccoli e, attraverso di loro, a tutta la sua Chiesa.
• Matteo 11,28-30: L’invito di Gesù valido fino ad oggi. Gesù invita tutti coloro che sono stanchi ad andare da lui, e lui promette riposo. Nelle comunità attuali, noi dovremmo essere la continuazione di questo invito che Gesù rivolse alla gente stanca ed oppressa dal peso delle osservanze richieste dalle legge di purezza. Lui dice: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Molte volte, questa frase è stata manipolata, per chiedere alla gente sottomissione, mansuetudine e passività. Gesù vuole dire il contrario. Chiede alla gente di non ascoltare “i sapienti ed intelligenti”, i professori di religione dell’epoca e di cominciare ad imparare da lui, da Gesù, un uomo venuto dall’entroterra di Galilea, senza istruzione superiore, che si dice "mite ed umile di cuore". Gesù non fa come gli scribi che si esaltano con la loro scienza, ma si mette accanto alla gente sfruttata ed umiliata. Gesù, il nuovo maestro, sa per esperienza ciò che avviene nel cuore del popolo che soffre. Lui lo ha vissuto da vicino e lo ha conosciuto nei trent’anni di vita a Nazaret.
Come Gesù mette in pratica ciò che insegnò nel Discorso della Missione. Gesù ha una passione: annunciare la Buona Novella del Regno. Passione per il Padre e per la gente povera ed abbandonata della sua terra. Lì dove Gesù incontrava gente che lo ascoltava, Gesù trasmetteva la Buona Novella. In qualsiasi posto. Nelle sinagoghe durante la celebrazione della Parola (Mt 4,23). Nelle case degli amici (Mt 13,36). Andando lungo il cammino con i discepoli (Mt 12,1-8). Lungo le rive del mare, seduto in una barca (Mt 13,1-3). Sulla montagna, da dove proclamò le beatitudini (Mt 5,1). Nelle piazze e nelle città, dove la gente gli portava i malati (Mt 14,34-36). Anche nel Tempio di Gerusalemme, durante i pellegrinaggi (Mt 26,55)! In Gesù, tutto è rivelazione di ciò che portava dentro! Non solo annunciava la Buona Novella del Regno. Lui stesso era e continua ad essere un segno vivo del Regno. In lui appare evidente ciò che succede quando un essere umano lascia che Dio regni nella sua vita. Il vangelo di oggi rivela la tenerezza con cui Gesù accoglie i piccoli. Lui voleva che loro incontrassero riposo e pace. Per questa sua scelta, per i piccoli ed esclusi, Gesù fu criticato e perseguitato. Soffrì molto! Lo stesso avviene oggi. Quando una comunità cerca di aprirsi e di essere un luogo di accoglienza e di consolazione per i piccoli e gli esclusi di oggi che sono gli stranieri ed i migranti, molte persone non sono d’accordo e criticano.
4) Per un confronto personale
• Hai sperimentato qualche volta il riposo promesso da Gesù?
• Come possono, le parole di Gesù, aiutare la nostra comunità ad essere un luogo di riposo per le nostre vite?
5) Preghiera finale
È in te, Signore, la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce.
Concedi la tua grazia a chi ti conosce,
la tua giustizia ai retti di cuore. (Sal 35)
Da | O.Carm

LETTURE DI MARTEDÌ




m_castagne2

28 aprile 2015

IV Settimana del Tempo di Pasqua

MADONNA DELLA CASTAGNA

Bergamo – 28 aprile 1310 – Un’apparizione attestata da un atto notarile e da una lettera indirizzata a Re Lodovico, per confermare la richiesta della Madonna della Castagna, di costruire una chiesa in suo onore. La storia dell’apparizione e la nascita del santuario.

montfortS. LUIGI M. GRIGNION de MONTFORT

sacerdote fondatore (1673-1716) 28 aprile – Luigi Maria porta i suoi verso Maria, per condurli più facilmente a Gesù. «Vi sono diverse devozioni a MariaLa prima consiste nel compiere i doveri di cristiano…, la seconda consiste nel nutrire per la Madonna sentimenti di stima, amore e confidenza… la terza… consiste nel darsi a Maria in una dipendenza totale ispirata dall’amore… e per Suo mezzo a Gesù. » La storia, la video-storia e altri video.

Santa Gianna Beretta Molla

santa_gianna_beretta_mollamamma coraggio (1922-1962) 28 aprile – Gianna Beretta Molla era una madre, straordinaria nell’ordinario. Non solo perchè ha preferito salvare la vita della sua nascitura perdendo la sua, ma per un modo di vivere che l’aveva avvicinata al cielo ancor prima di quel tragico 28 aprile. La storia, i video, i commenti, le testimonianze e il miracolo per la sua canonizzazione.
“Rallegriamoci ed esultiamo, diamo gloria a Dio, perché il Signore ha preso possesso del suo regno, il nostro Dio, l’Onnipotente. Alleluia.”


PREGHIERA DEL MATTINO

Dio Padre onnipotente, che ci dai la grazia di celebrare il mistero della risurrezione del Tuo Figlio, concedi a noi di testimoniare con la vita la gioia di essere salvati. Per Cristo nostro Signore. Amen.
In quei giorni, quelli che si erano dispersi a causa della persecuzione scoppiata a motivo di Stefano erano arrivati fino alla Fenicia, a Cipro e ad Antiòchia e non proclamavano la Parola 
san_barnaba 

PRIMA LETTURA

At 11, 19-26 – Dagli Atti degli Apostoli
a nessuno fuorché ai Giudei. Ma alcuni di loro, gente di Cipro e di Cirène, giunti ad Antiòchia, cominciarono a parlare anche ai Greci, annunciando che Gesù è il Signore. E la mano del Signore era con loro e così un grande numero credette e si convertì al Signore.Questa notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, e mandarono Bàrnaba ad Antiòchia. Quando questi giunse e vide la grazia di Dio, si rallegrò ed esortava tutti a restare, con cuore risoluto, fedeli al Signore, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede. E una folla considerevole fu aggiunta al Signore. Bàrnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Sàulo: lo trovò e lo condusse ad Antiòchia. Rimasero insieme un anno intero in quella Chiesa e istruirono molta gente. Ad Antiòchia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani.
C: Parola di Dio.
A: Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE

Sal.86
popoli2RIT: Genti tutte, lodate il Signore.
Sui monti santi egli l’ha fondata; il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe. Di te si dicono cose gloriose, città di Dio! RIT
Iscriverò Raab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono; ecco Filistea, Tiro ed Etiopia: là costui è nato. Si dirà di Sion: «L’uno e l’altro in essa sono nati e lui, l’Altissimo, la mantiene salda». RIT
Il Signore registrerà nel libro dei popoli: «Là costui è nato». E danzando canteranno: «Sono in te tutte le mie sorgenti». RIT

CANTO AL VANGELO

Alleluia, Alleluia.
Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore, e io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia.

VANGELO

Gv 10, 22-30 – Dal Vangelo secondo Giovanni
insegna sinagogaRicorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di  
Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo

COMMENTO

 Io e il Padre siamo una cosa sola
insegna fariseiGesù passeggiava nel tempio e i giudei gli si fecero incontro e gli dissero: “Fino a quando terrai l’animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente”. Essi vogliono proprio sapere se il Cristo è colui che dice di essere. La richiesta sembra più che pertinente, ma dalla risposta di Gesù appare una trovata abbastanza provocatoria. “Ve l’ho detto e non credete, voi in ogni caso non credete, perché non siete mie pecore; le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”. Ecco la motivazione di fondo per cui la loro sete di sapere, che sembrava così sincera, ha sapore di falsità. Perché essi non vogliono credere? Eppure avrebbero dovuto accogliere la sua testimonianza: le opere che Gesù ha compiuto e compie nel nome del Padre suo, gli danno questa credibilità inconfondibile. Ma non credono! Giocano purtroppo sulla impossibilità di credere, perché non accettano che Egli sia Dio: “Io e il Padre siamo una cosa sola” anzi proprio questa solenne affermazione per loro sarebbe la motivazione più forte per discreditarlo davanti al popolo e mandarlo a morte. Sono stati numerosi questi attentati alla sua persona, finché ci riusciranno. Ma sarà egli stesso a consegnarsi: essendo giunta l’Ora stabilita dal Padre. Proprio come noi, quando accumuliamo motivazioni su motivazioni per giustificarci e per non volere capire che a Dio si accede non attraverso la risposta ai tanti nostri problemi, ma attraverso l’adesione del nostro cuore. Diventano discepoli del Signore solo coloro che ascoltano la sua voce e lo seguono fedelmente. Ritorna così il discorso sul legame intimo fra il buon Pastore e le sue pecore, ma con una ulteriore precisazione. Là si parlava di ladri e di briganti, con la minaccia che le pecore potessero essere sottratte al buon Pastore. Qui invece Gesù afferma: “nessuno può rapirle dalle mani del Padre mio”. Siamo stati consegnati dal Padre al Figlio e, siamo stati consegnati dal Figlio al Padre, non come un rimando di responsabilità, ma come comunione di accoglienza in quell’unico amore per il quale siamo generati per l’eterna Vita, ora e per sempre. ( dai Monaci Benedettini Silvestrini su http://www.lachiesa.it/calendario/Detailed/20130423.shtml )

PREGHIERA DELLA SERA

occhi (2)In virtù del nome di cristiani, che ci identifica come seguaci di Cristo al di là di ogni barriera nazionale o culturale, ci possiamo rivolgere a Te o Padre in una preghiera veramente universale, e con fede ti chiediamo di convertire tutti popoli della Terra.  In cambio Ti affidiamo, le gioie e le fatiche, le rinunce e gli atti di carità che siamo riusciti a fare in questo giorno e Ti ringraziamo con tutto il cuore per tutto quello fai per noi e ci dai ogni giorno. O Dio, che attraverso la missione ai pagani hai fatto riscoprire ai credenti l’originalità del loro nome di cristiani, concedi che una rinnovata coscienza missionaria ci apra a nuove esperienze di vita evangelica. Per Cristo nostro Signore. Amen.

da | http://blog.studenti.it/biscobreak/2015/04/letture-di-martedi-28-aprile-2015/