sabato 25 gennaio 2014

SU INTERNET & DINTORNI, BASTA INGENUISMI. PAROLA DI PAPA


di Dino Boffo

Cari Amici,
non riesco a lasciar passare sotto silenzio il messaggio che papa Francesco ha distillato per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, in calendario per il prossimo maggio. Vi è espresso infatti un radicale mutamento di approccio a proposito di Internet e di quanto questa tecnologia ha prodotto in termini di «ambiente vitale» e di cultura. Tra le righe del pronunciamento papale si annida un rovesciamento di lettura e un'esplicita inversione nella gerarchia delle preoccupazioni. Diciamolo fuori dai denti, è la fine dell'ingenuismo che aveva singolarmente connotato − specialmente nell'ultimo lustro − l'incorporazione della tecnologia digitale nel costume ecclesiale, con l'implicita formulazione di una pedagogia conseguente. Onestamente si è faticato non poco a comprendere il senso di certo trionfalismo accecato, la percezione di aver finalmente trovato la chiave di innesto financo nei meccan ismi mondani più didascalici. In casa cattolica, non si trovava − in anni recenti − convegno che non facesse perno sulla poetica mirabolante di internet, trascurando in maniera sbadata i canali comunicativi classici e, alla prova dei fatti, non superati. Quasi che si potesse in campo comunicativo smentire la buona regola secondo cui l'ultimo ritrovato non annulla gli strumenti precedenti, semmai li affianca. Non che il Pontefice neghi ora le potenzialità prodigiose delle ultime tecnologie: semplicemente le interpreta come opportunità importanti, che però non scattano mai per via automatica. Anzi, nella misura in cui le si cavalca acriticamente, possono procurare danni rilevanti alla struttura delle persone come al costume collettivo. «Siamo sempre più connessi − dice il Papa − eppure mai siamo stati così distanti». Anche scandalosamente distanti, se si considera il divario non ridotto tra l'opulenza di chi dispone e l'indigenza di chi sta ai margini, ed è escluso. Non c'è traccia di moralismo nel ragionamento bergogliano, ma lucidità e disinibizione nel considerare i rischi di quella velocità di comunicazione che surclassa le abilità critico-riflessive, ma anche di quella ressa di opinioni che, oltre a spaesamento, può spingere il soggetto in una bolla autodifensiva. Ciò che Francesco propugna, a correzione di un certo andamento, è la «cultura dell'incontro»; e se le nuove tecnologie non instillano questa tensione, a ben poco risulteranno utili. Facile, è vero, pronunciare l'espressione – cultura dell'incontro – quando arduo resta creare le condizioni perché una simile cultura si sviluppi. E qui ciascuno deve condurre il proprio esame di coscienza. Per ciò che ci riguarda, come animatori di un canale quale Tv2000, mi chiedo in che modo possiamo dar corpo alla determina zione che non basta la disponibilità a porgere, bisogna nel contempo saper ricevere dagli altri. E ancora: attraverso quali modalità consegnare il telespettatore al proprio protagonismo anche dentro il video, e rompere così il diaframma che abitualmente contrappone gli operatori dal vasto pubblico. Come aprirci fino a farci simili, fino a stare con gli altri, non sopra e neppure semplicemente per loro. La prossimità non può ridursi a paternalismo mascherato. Una community non dev'essere un semplice reticolo di fili e neppure può condensarsi in una mera percentuale di ascolti, ma in un luogo di incontro umanissimo tra persone. «Solo chi comunica mettendo in gioco se stesso può rappresentare un punto di riferimento», avverte il Papa. Ma allora che cosa significa aprire le proprie porte, per una tv digitale? Verso quale interattività, in concreto, intendiamo spingere? E qui si spala nca la feconda prospettiva di un continuo affinamento della propria vocazione, sottraendosi al generale andazzo secondo cui ciascuno tende a fuggire da se stesso e dal proprio compito, illudendosi di saper fare bene l'altrui parte. Un'altra ingenuità, se non fosse altro infantilismo. Il messaggio del Papa ci aiuti tutti a sbagliare di meno.

Dino Boffo

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