domenica 19 gennaio 2014

L’Italia all’86mo piano della libertà

di Stefano Magni

Aiuto! È uscito l’Index of Economic Freedom 2014. Lo spietato indice della libertà economica, redatto dalla Heritage Foundation e dal Wall Street Journal, ci ha sempre mostrato, in modo nudo e crudo, quanto poco libero sia il nostro Paese rispetto al resto del mondo. E non “delude” mai questa aspettativa di frustrazione. Questa volta, l’Italia risulta essere all’86mo posto, su 178 Paesi recensiti. Il primo posto è sempre occupato da Hong Kong, il 178mo sempre dalla Corea del Nord. Non dico che siamo a metà strada fra questi due opposti, ma quasi. Il problema è che la nostra posizione risulta essere in costante calo, dal 2010 ad oggi, quasi senza soluzione di continuità, con un leggerissimo miglioramento (provocato da un maggior ordine nei conti pubblici) nel 2012, durante il governo Monti.
Benché l’Italia si trovi nella metà libera del mondo, stretta fra due repubbliche ex comuniste (Kirghizistan e Croazia), ci sono aspetti della nostra economia che risultano essere molto repressi: spesa pubblica e corruzione sono ai livelli di un medio regime totalitario (con punteggi rispettivamente di 25,6 e 38,5, dove 100 è il massimo della libertà), il mercato del lavoro e la pressione fiscale sono ai livelli di allarme (rispettivamente 52,5 e 55,5) e tutto il resto è quasi decente. Il vero problema, dunque, è la spesa pubblica. È lì che si origina la nostra maggior privazione di libertà. Il resto sono corollari: più spesa pubblica implica necessariamente una maggior corruzione (una redistribuzione illegale di ricchezza pubblica), più tasse e una minor libertà di fare le necessarie riforme.
L’Index rileva anche che “il sistema legale è vulnerabile a interferenze politiche” e “i diritti di proprietà e i contratti sono sicuri, ma i procedimenti giudiziari sono estremamente lenti”. Si ripresenta sempre, ogni anno, il solito problema di una magistratura che nessuno vuole o riesce a riformare. Se questi sono i mali ben individuati, le cause del nostro arretramento dal mondo libero e avvicinamento al mondo degli Stati autoritari e totalitari, siamo autorizzati a disperare. Perché, sebbene vi siano parecchie forze politiche che sventolano il programma di riduzione della pressione fiscale, non ce n’è praticamente una sola che vuole seriamente il taglio della spesa pubblica.
Nelle elezioni del 2013, l’unico partito che proponeva un programma di dimagrimento dello Stato, Fare, è finito con l’1% dei voti. E il suo programma di tagli era talmente blando che oggi verrebbe superato dalle stesse richieste dell’Ue, quelle ritenute minime indispensabili per rispettare i parametri. Peggio ancora, la protesta di piazza degli anti-politici, si i Forconi che il Movimento 5 Stelle che rappresenta il malcontento generale, puntano entrambi a una maggiore spesa pubblica, non alla sua riduzione. Dunque abbiamo un governo che non vuole tagliare e un’opposizione che vuole spendere.
Questo clima politico permette di prevedere il peggio: oggi siamo all’86mo posto, domani potremmo trovarci al 100mo. E a sempre meno persone questo risultato farà un brutto effetto. Perché questa classifica misura il grado di libertà economica di un Paese. E la cultura politica e anti-politica contemporanea odia la libertà economica. Oggi come oggi, dire che “siamo un Paese non libero” sta diventando un vanto, non un lamento. Fateci caso. Chiedete a una persona che si definisce di “destra” che cosa pensi della libertà economica. Vi farà vari discorsi, ma tutti avranno dei “tag” in comune: Merkel, Bilderberg, finanza, Monti, materialismo, consumismo, usurai, banchieri, strozzini, invasione degli immigrati e magari pure Rothschild.
Chiedetelo a una persona che si definisce di “sinistra” e vi risponderà con “tag” molto simili: sfruttamento, usurai, banchieri, strozzini, divario sociale, consumismo, imperialismo delle multinazionali, globalizzazione della miseria. Chiedetelo al Papa e… no, meglio non chiederglielo. Quindi, questo è il vero problema di fondo: al di là della spesa pubblica fuori controllo, della corruzione altissima, del fisco rapace, di un mercato del lavoro ingessato, di una giustizia lenta, l’Italia non è libera, perché gli italiani odiano la libertà. Punto.
L'opinione

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