sabato 8 marzo 2014

Dopo gli anziani a Mestre un "tetto" ai padri separati


La Fondazione Carpinetum di Solidarietà cristiana non si ferma e cerca di aiutare anche i disabili, gli sposini in cerca di abitazione, parenti di ricoverati nel vicino ospedale. Una realtà nata negli anni Novanta dall'intuizione di don Armando Trevisiol e oggi curata da don Gianni Antoniozzi. Sempre sostenuta dalla generosità dei mestrini. L'intervento della regione Veneto per i non autosufficienti

da Venezia, Paolo Fusco


Oltre 220 minialloggi, costruiti da zero, da destinare ad anziani con poche risorse economiche o che si trovavano in situazioni di difficoltà dal punto di vista familiare o sociale. È l’impresa compiuta, nella terraferma veneziana, da un parroco, oggi in pensione; e proseguita oggi dalla Fondazione Carpinetum di Solidarietà cristiana, che gestisce i quattro condomini abitati da anziani e ne sta costruendo altri due, per nuove tipologie di bisognosi.

Come un piccolo borgo. L’idea risale all’inizio degli anni Novanta. Don Armando Trevisiol, allora parroco di Carpenedo, un quartiere di Mestre, vuole offrire un alloggio ad alcune decine di anziani, pienamente autonomi, con la pensione sociale e con lo sfratto in mano. Concepisce, allora, il primo “Centro don Vecchi”, dal nome di un sacerdote che è stato suo maestro nell’età giovanile. Inaugurato nel 1994, è stato costruito grazie alle grandi e piccole donazioni di un gran numero di parrocchiani, e non solo. Non essendoci un debito da ripianare, gli inquilini dello stabile non devono pagare l’affitto, ma solo le spese di condominio e le utenze personali (acqua, luce, gas, telefono e riscaldamento). Solo chi supera l’importo della pensione sociale versa un contributo di solidarietà in base al reddito, per permettere anche ai più poveri di vivere al “Don Vecchi” e per finanziare i futuri progetti di solidarietà. Una persona sola spende, comprese le utenze, tra i 150 e i 230 euro al mese; una coppia tra i 290 e i 360 euro. Un valore aggiunto è il contesto in cui l’anziano si trova a vivere: pur mantenendo la propria autonomia nell’appartamento assegnatogli, può contare su spazi comuni, per gli incontri, le attività ricreative e culturali. “L’abbiamo immaginato come un piccolo borgo in cui ci sono i servizi di un piccolo paese di una volta”, spiega don Trevisiol, che oggi abita anche lui al “Don Vecchi” e non smette di occuparsi della sua creatura.

L’idea si sviluppa. Il primo condominio ha un tale successo che don Armando pensa subito a costruirne un altro, ancora più grande: e l’iniziativa è “benedetta” da frequenti e copiose offerte di mestrini. Nel 2001 viene inaugurato, accanto al primo, il “Centro don Vecchi bis”. Segue, nel 2008, il “Centro don Vecchi ter”, nell’abitato di Marghera, e nel 2011 il “Centro don Vecchi quater” nella frazione di Campalto, tra Mestre e l’aeroporto. Ma la sfida non è finita... C’è una nuova frontiera del social housing di stampo cattolico che la Fondazione Carpinetum ritiene di dover varcare. Il prossimo centro - è l’idea di don Armando, subito sposata dal suo successore alla guida dell’ente, don Gianni Antoniazzi - dovrà rispondere alle esigenze di anziani che stanno perdendo la loro autonomia, per ritardare il più possibile il loro ingresso in casa di riposo. Si pensa così a un condominio a elevata protezione e accudienza composto da 60 minialloggi, nel quale prestino servizio otto accudienti stipendiate dalla struttura.

Per chi perde l’autonomia. La regione Veneto, riconoscendolo come progetto pilota, ha finanziato il “Don Vecchi 5” con un contributo di 2,8 milioni di euro, da restituire senza interessi in 25 anni; e pagherà una diaria giornaliera di 25 euro circa per ogni ospite, per garantire appunto l’assistenza. Gli inquilini, per l’ospitalità, verseranno così cifre comprese tra i 150 e i 230 euro al mese, a seconda del reddito. Si accederà alla nuova struttura tramite una valutazione delle condizioni di salute, compiuta da ospedali, distretti sanitari e medici di famiglia. Ma destinatari saranno soprattutto, spiega don Antoniazzi, “le persone povere, in difficoltà, quelle che nell’appartamento in cui si trovano non riescono ad avere una sufficiente attenzione e cura; quelle che hanno una pensione minima che non basta per far fronte a tutto. Invece che essere subito inserite nelle strutture ordinarie della sanità regionale, possono trovare in questa struttura il conforto di un ambiente familiare, umano, decoroso e insieme un aiuto, un sostegno che permetta loro di vivere a un prezzo accettabile, entro i limiti della loro pensione”. Il cantiere del “Centro don Vecchi 5” sta ormai per chiudere: l’inaugurazione è prevista per il 14 maggio; i primi ospiti entreranno prima dell’estate.

Non solo anziani. Proprio in questi giorni la Fondazione Carpinetum ha dato il via libera al suo sesto centro, in quella che sta diventando una cittadella della solidarietà. La novità è che non si occuperà di anziani, ma di padri separati, disabili, sposini in cerca di abitazione, parenti di ricoverati nel vicino ospedale. Il cantiere non chiuderà, dunque: per la fondazione mestrina c’è ancora molto da fare - grazie a una catena della solidarietà che sembra non finire mai, nonostante la crisi economica - nel campo dell’housing sociale.

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