mercoledì 2 aprile 2014

In nome del padre, il genitore rottamato

Da Lorenzo Bertocchi

Il parricidio è una strada maestra verso la rottamazione di tutto ciò che c’era prima. Renzi il rottamatore, tanto per fare un esempio, ha fatto il suo parricidio nei confronti di una classe politica e di un partito, anche se – visto come sono andate le cose – il suo più che un parricidio è sembrata una messa in scena per la scalata allo scranno.

Ma il parricidio è un atto rivoluzionario serio e gli ultimi 60 anni sono pieni di parricidi: i giovani dell’estrema sinistra lo compirono nei confronti del P.C.I., quelli cattolici lo fecero verso le gerarchie, più o meno tutti “uccisero” il padre di famiglia e, in fin dei conti, Dio Padre.

La generazione che scese in piazza per rivoluzionare costumi e politica lo face per disintegrare tutto ciò che rappresenta il padre. Nel celebre “La morte della famiglia”, edito nel 1971, David Cooper si scagliava definitivamente contro quel modello che era visto come la summa repressiva di ogni libertà, quella sessuale in primis.

La famiglia rimane però, nonostante tutto, quel luogo in cui ogni persona impara che non basta a sé stessa, che non può essere totalmente auto-sufficiente. Ci sono relazioni biologiche e parentali che definiscono ogni essere umano e decapitare il padre significa voler attuare un’idea di auto-determinazione che si mostra falsa, perché cancella la realtà del limite che ognuno porta con sè.

La famiglia ha il compito insostituibile di trasmettere ai figli un educazione basata sull’insegnamento e l’ascolto, una palestra in cui ognuno trova il primo indirizzo con cui collocarsi dentro la società. Nella famiglia è il padre che esprime quel ruolo di guida verso l’ingresso in società, è il padre che permette al figlio di emanciparsi da uno stato infantile di simbiosi con il materno. In poche parole il padre mette i paletti e dà la spinta verso il largo. Laddove il padre è assente, ci dicono psichiatri e psicologi, sono molti i problemi per lo sviluppo dei figli.

Quando manca il padre una società è costretta poi a supplire con un surplus di norme che mettono i paletti, la nostra società ci mostra bene questa realtà. Ma per quanto aumenti esponenzialmente il numero di leggi è difficile arrestare un disfacimento morale che ha le sue origini proprio nell’assenza di quell’educazione che non si impara per legge. Tanto più il padre e la famiglia mancano al loro compito educativo, tanto più ne soffre la società intera.

Secondo il sociologo Baumann la nostra però è ormai una comunità a “identità liquida” in cui non è più possibile parlare di ruolo paterno e materno, di maschile e femminile, tutto fluttua in funzione della cultura e delle scelte soggettive. Non ci sono più parricidi da compiere, semmai c’è da chiedersi se questa mancanza di identità possa ritenersi veramente una conquista, oppure sia semplicemente l’inizio della fine della nostra civiltà.

Il Card. Bagnasco, presidente della CEI, parlando ad un seminario di studio sulla scuola, ha detto che non vale più la domanda “quale mondo lasceremo ai nostri figli?”, ma: “a quali figli lasceremo il mondo?” Una paradossale provocazione che però fotografa bene la realtà. Infatti, ha aggiunto che oggi la situazione “è capovolta: i giovani non sono più nell’atteggiamento del rifiuto del padre ma semmai sono alla ricerca del padre e dell’autorità.”

E’ interessante che questa provocazione molto laica provenga dalla Chiesa, visto che proprio lei è stata depennata da quella generazione che per emanciparsi da ogni paternità ha compiuto l’assassinio di Dio. E’ stato ucciso quel Padre che – insegna la fede – è datore della vita e capace di rinunciare persino al Figlio pur di salvare i suoi figli.

E noi – chiede Bagnasco – a quali figli lasceremo il mondo? Una domanda per certi versi tragica che costringe a riflettere su cosa stiamo costruendo la nostra civiltà. Questa domanda, per essere ribaltata nella sua versione più conosciuta – quale mondo lasceremo ai nostri figli? – richiede di far la pace con il nostro essere padri. E, forse, anche con il Padre.

(La Voce di Romagna, 01/01/2014)

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