giovedì 12 dicembre 2013

Chiara Lubich e l’amore nella Chiesa



L’importanza del concilio Vaticano II per la fondatrice del Movimento dei Focolari. 

Chiara Lubich e il Vaticano II: una passione immediata, un legame profondo che segnò per sempre il percorso spirituale della fondatrice del Movimento dei Focolari. Così scriveva al pastore luterano Klaus Hess il 13 ottobre 1962, due giorni dopo l’apertura del concilio: «Carissimo Pfarrer Hess, potrà immaginare con quale esultanza stiamo vivendo a Roma questi giorni dell’apertura del Concilio! Penso che anche Lei avrà seguito con amore quello che la Chiesa Cattolica sta facendo». Chiara lo invita a «respirare con noi quell’atmosfera soprannaturale che già avvolge tutta Roma e conoscere Vescovi o Cardinali che hanno la bontà di visitarci tanto spesso in questi giorni. Continuerebbe così quel dialogo aperto l’anno scorso con tanto risultato e continueremmo ad essere strumenti, magari inutili e infedeli, ma sempre strumenti perché il testamento di Gesù si realizzi fra tutti».
Per Lubich il Vaticano II è «il Concilio del dialogo per quella sua grande apertura che non è cedimento della verità della fede, ma comprensione nuova verso le altre Chiese e comunità ecclesiali, possibilità di confrontare le ricchezze che ogni tradizione cristiana ha cercato di conservare, riscoperta di ciò che unisce i cristiani sin da ora». Accanto, c’è «il dialogo più vasto con i credenti di altre religioni, e quello planetario con gli uomini di buona volontà, con i non credenti, che ha aperto nuove possibilità alla missione evangelizzatrice della Chiesa» («Città Nuova», n. 20, 1982, p. 11. Articolo tratto da un intervento pubblicato sull’Osservatore Romano per il ventesimo anniversario dell’inizio del concilio Vaticano II).
Parole, queste di Chiara, che sembrano pronunciate oggi, tanto sono attuali, mentre si avvicina — con la richiesta formale firmata a Castel Gandolfo il 7 dicembre dalla presidente Maria Voce in occasione del settantesimo anniversario del movimento — il processo di canonizzazione della fondatrice dei Focolari. Un atto, ha dichiarato Maria Voce, che «invita tutti noi a una santità ancora più grande, a costruirla giorno per giorno nella nostra vita, per contribuire a far emergere quella “santità collettiva”, “santità di popolo” a cui Chiara tendeva».
C’era e c’è una meta da raggiungere, quella dell’unità. A indicarla, all’umanità intera, è stato il concilio, afferma Lubich, attraverso i suoi decreti e costituzioni: «La Chiesa vista come comunione, la riflessione insistente sulla presenza di Cristo fra coloro che sono uniti nel suo nome, l’Eucaristia riaffermata come vincolo dell’unità, la preminenza della carità». Chiara spiega che attuare il concilio significa «accelerare il cammino dell’umanità verso l’uno, far fiorire in mezzo a quest’ansia di unità, che caratterizza il nostro tempo, la presenza di Cristo». Esistono due poli di questa visione: la collegialità da un lato, la riaffermazione della funzione dei laici nella Chiesa e nella società dall’altro.
È a questo secondo punto che Chiara dedica un approfondimento, nell’ottobre 1964, sempre su «Città Nuova». Racconta che «al Concilio si è parlato del laicato e alcuni Padri si sono mostrati poco soddisfatti dello schema troppo “clericale” dove la figura del laico non è messa nella sua giusta luce e si insiste piuttosto sulla semplice funzione d’aiuto alla Gerarchia. Forse — osserva — si staglierebbe meglio la figura del laico, che pure anch’egli è “Chiesa”, se si spiegassero un po’ più estesamente e meglio alcuni aspetti di Maria Santissima». È lei il modello, anche se «eccezionale e singolare», del laico. Cristiana perfetta, fidanzata, sposa, madre, vedova, vergine, modello di ogni cristiano: «Maria, laica come noi laici, sta a sottolineare che l’essenza del cristianesimo è l’amore», che rende la Chiesa «uno», come nella Trinità. Ella, conclude la fondatrice dei Focolari, «presenta al mondo la Chiesa quale Gesù l’ha desiderata e tutti gli uomini oggi l’attendono, perché solo così la Chiesa oggi può adempiere degnamente la sua funzione di contatto e dialogo col mondo al quale spesso poco interessa la Gerarchia, ma è sensibile alla testimonianza dell’amore nella Chiesa, anima del mondo».
L'Osservatore Romano

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