giovedì 5 dicembre 2013

Nel libro di Mazzucco il problema della parentalità omosessuale

Realtà falsificata

Il romanzo — Sei come sei, (Torino, Einaudi, 2013, pagine 248, euro 17,50) — è scritto benissimo, i personaggi reali e ben tratteggiati, l’intreccio appassionante: come sempre, Melania Mazzucco si conferma come una delle migliori scrittrici italiane di oggi. La bella scrittura ci porta a parteggiare per i protagonisti, che sono appunto coloro dal cui punto di vista viene raccontata la storia: la bambina Eva e uno dei suoi due padri, il cantante rock Giose ormai ritirato dalle scene.
Con grande abilità, facendo leva sulla carica emotiva dei personaggi, sul dolore della loro separazione, il romanzo porta il lettore a riconciliarsi con l’idea del matrimonio gay, con l’idea che una coppia gay possa fabbricarsi un figlio anche ricorrendo all’affitto di un utero e di un ovulo. Eva non incontrerà mai la madre, ma il romanzo suggerisce che non ne ha bisogno: quello che conta è l’amore, e di amore i padri gliene danno tanto. Non saprà mai da dove vengono i suoi occhi dal colore cangiante, uguali a quelli della madre, non conoscerà mai i suoi fratelli.
E questo non per la perfidia dello Stato italiano, ma perché la donna non vuole essere ritrovata, e perché comunque non si potrebbe considerare sua figlia. Come fa a considerarsi figlia di una donna che l’ha venduta, mentre i due padri la porteranno fino a Erevan per farle capire quanto l’hanno desiderata?
Un bambino non può non amare chi lo alleva e lo circonda di affetto, ma l’amore non basta: esiste la realtà, e i due protagonisti non fanno i conti con la natura, che rende impossibile a due uomini di procreare insieme. Volere un figlio a tutti i costi — anche a prescindere dall’incidente che porta via uno dei due e dalla “cattiveria” dello Stato italiano — mette il bambino in una situazione difficilissima, quasi insostenibile. Passioni contrastanti, paura di tradimento, esclusione dal mondo, diversità dagli altri, quelli che hanno una mamma e un papà, costituiscono una realtà che non si può cancellare con la buona volontà. Non è solo una questione di leggi o di mentalità: Eva non incontrerebbe mai la sua mamma, vivrebbe privata da un rapporto fondamentale e comunque costretta vivere in una famiglia diversa, non come quella degli altri. Privare un bambino, programmaticamente, di uno dei suoi genitori, come se questa mancanza non fosse una cosa importante, costituisce una finzione pesante, impossibile da sostenere davvero.
Sta nascendo una nuova letteratura che, facendo leva sui sentimenti invece che sulla ragione, vuol far credere buono e realizzabile ciò che non lo è.
  Lucetta Scaraffia
5 dicembre 2013
osservatoreromano.va

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