mercoledì 11 dicembre 2013

La spada di Alfano
non ferma la rivolta

di Ruggiero Capone
11 dicembre 2013POLITICA
 
Il ministro Angelino Alfano è uomo d’ordine con poca fantasia, così ribatte alle proteste copiando la linea di chi lo ha preceduto al Viminale: ovvero “nessuno sconto” per le proteste di disoccupati, sottoccupati e disagiati. Quella di Alfano è anche una gara col suo amico Enrico Letta, una sfida a chi le ha più grosse… d’acciaio. Il titolare dell’Interno ignora che la politica del muro contro muro non abbia mai pagato. Soprattutto emerge la sua poca conoscenza del fenomeno rivoluzionario, di cosa alberghi nel popolo cosiddetto “moderno”, forgiatosi sulle conquiste di lotta tra fine Ottocento e Novecento.
Ignorare le dinamiche che dimorano nella risposta violenta di popolo, non solo denota che certi politici non si siano mai approcciati a Nietzsche come a Sorel e Stirner, ma evidenzia quanto il Nuovo Centro Destra e parte del Partito Democratico siano stretti nell’abbraccio mortale di una insulsa difesa di privilegi e prerogative di casta. La rivoluzione italiana ed europea è alle porte. E perché la politica economica dell’Unione Europea è prepotente, quanto e più di quella dei vittoriosi Imperi Centrali del primo Novecento. La supremazia degli Imperi Centrali alla vigilia della Prima guerra mondiale spalancava le porte al violento conflitto sociale, generando ben due fazioni rivoluzionarie.
Oggi si consuma un fenomeno identico: alterigia e prepotenza nazionale ed europea generano in Grecia “Alba dorata” e “partiti rivoluzionari” di estrema sinistra, altrettanto in Italia dove per le strade protestano “Forconi” e disubbidienti “No-Tav”, anarchici, disoccupati, indigenti della più svariata estrazione sociale. Ieri (nel Novecento) c’era la necessita di dare lavoro a disoccupati e contadini, che in massima parte rappresentavano i coscritti al fronte: oggi è urgente garantire lavoro, cibo e casa al post-proletariato suburbano, linfa che alimenta lo spontaneismo delle rivolte. Ieri veniva percepita come moribonda in Italia ogni forma di liberal-democrazia: altrettanto oggi che la politica viene partecipata solo dalle oligarchie bancarie e dell’alta burocrazia di Stato.
Torna a bomba quello che Lenin appellava come il problema del bolscevismo nel suo “che fare”: radicalmente negativo per la casta burocratico-bancaria, chiaramente positivo sia per i socialisti rivoluzionari che per i fenomeni nazionalistici. Ieri necessitava dare una sistemazione lavorativa a cinque milioni di ex soldati, oggi necessita permettere che 10 milioni di italiani escano dall’indigenza. Le ricette di ieri furono sia la “fratellanza fra proletari d’ogni nazione” che l’unità di ogni singolo popolo nelle rispettive identità di nazione (comunismo e fascismo).
Oggi, con “Forconi” ed ex operaisti in piazza, viene scavalcato il solco (fino a ieri incolmabile) fra le due fazioni rivoluzionarie italiane. Lo stato borghese, avvolto nel suo perbenistico senso della “ragion di Stato”, viene attaccato, aggredito, da chi chiede nuove regole nella gestione della cosa pubblica, ma scritte da mani finalmente nuove. Ieri futuristi, sindacalisti nazionali, arditi, nazionalisti, anarchici, repubblicani, socialisti si affidavano all’Uomo della Provvidenza. Oggi Grillo, Berlusconi e Renzi rappresentano di fatto un triumvirato virtuale che potrebbe scongiurare la rivolta o aprire all’homo novus, all’autocrate, al Cesare del Terzo Millennio.
I “Forconi” sono troppo simili ai “Fasci di combattimento”, come agli anarchici anconetani e livornesi (1904 e 1901) a cui s’aggregarono i militari disertando, abbandonando le caserme. Dov’è lo Stato di cui parla Alfano, quando il carabiniere si leva il casco ed abbraccia la madre del disoccupato che aveva scagliato pietre contro l’uscio della Regione Piemonte? Dov’è lo Stato di cui parlano le palle d’acciaio, quando i poliziotti riconoscono parenti e amici tra i disoccupati in protesta? Il popolo è in piazza, e chi veste una divisa difende una casta di cui non fa parte.
La fedeltà allo Stato post-moderno non potrà mai essere pari al giuramento verso il re predestinato. La subalternità al sistema è caduta, la sacralità del potere è sverginata… la posta per il cibernetico Uomo della Provvidenza del nostro tempo è tanto oltre. Ma Alfano difende le piccole cose, quel ridicolo ordine delle cose nello Stato dei nani.

L'Opinione

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