L'immagine della vite vera, che è Gesù
L'invito pressante a rimanere in Lui
per portare il frutto dell'amore
Giovanni 15, 1-8
L'invito pressante a rimanere in Lui
per portare il frutto dell'amore
Giovanni 15, 1-8
1. Orazione iniziale
Signore, Tu sei! E questo ci basta, per vivere, per continuare a sperare ogni giorno, per camminare in questo mondo, per non scegliere la via sbagliata della chiusura e della solitudine. Sì, Tu sei per sempre e da sempre; sei e rimani, o Gesù! E questo tuo essere è dono continuo anche per noi, è frutto sempre maturo, perché ce ne nutriamo e diventiamo forti di Te, della tua Presenza. Signore, apri il nostro cuore, apri il nostro essere al tuo essere; aprici alla Vita con la potenza misteriosa della tua Parola. Facci ascoltare, facci mangiare e gustare questo cibo dell'anima; vedi come ci è indispensabile! Manda, ora, il frutto buono del tuo Spirito, perché realizzi in noi ciò che leggiamo e meditiamo di te.
Signore, Tu sei! E questo ci basta, per vivere, per continuare a sperare ogni giorno, per camminare in questo mondo, per non scegliere la via sbagliata della chiusura e della solitudine. Sì, Tu sei per sempre e da sempre; sei e rimani, o Gesù! E questo tuo essere è dono continuo anche per noi, è frutto sempre maturo, perché ce ne nutriamo e diventiamo forti di Te, della tua Presenza. Signore, apri il nostro cuore, apri il nostro essere al tuo essere; aprici alla Vita con la potenza misteriosa della tua Parola. Facci ascoltare, facci mangiare e gustare questo cibo dell'anima; vedi come ci è indispensabile! Manda, ora, il frutto buono del tuo Spirito, perché realizzi in noi ciò che leggiamo e meditiamo di te.
2. Lettura
a) Per inserire il brano nel suo contesto:
Questi pochi versetti fanno parte del
grande discorso di Gesù ai suoi discepoli nel momento intimo
dell'ultima cena e inizia col versetto 31 del cap. 13 prolungandosi
fino a tutto il cap. 17. Si tratta di un'unità molto stretta, profonda e
inscindibile, che non ha pari in tutti gli Evangeli e che ricapitola
in sé tutta la rivelazione di Gesù nella vita divina e nel mistero
della Trinità; è il testo che dice quello che nessun altro testo delle
divine Scritture è capace di dire riguardo la vita cristiana, la sua
potenza, i suoi compiti, la sua gioia e il suo dolore, la sua speranza e
la sua lotta in questo mondo e nella Chiesa. Pochi versetti, ma
traboccanti d'amore, di quell'amore fino alla fine, che Gesù ha deciso
di vivere verso i suoi, verso di noi, ancora oggi e per sempre. In
forza di questo amore, quale supremo e definitivo gesto di tenerezza
infinita, che racchiude in sé ogni altro gesto d'amore, il Signore
lascia ai suoi una presenza nuova, un modo nuovo di esserci: attraverso
la parabola della vite e dei suoi tralci e attraverso la proclamazione
del meraviglioso verbo rimanere, ripetuto più volte, Gesù dà inizio a
questa sua storia nuova con ciascuno di noi, che si chiama
inabitazione. Egli non è più presso di noi, perché torna al Padre, ma
rimane dentro di noi.
b) Per aiutare nella lettura del brano:
vv. 1-3: Gesù rivela se stesso quale
vite vera, che produce frutti buoni, vino ottimo per il Padre suo, che è
l'agricoltore e rivela noi, i suoi discepoli, quali tralci, che hanno
bisogno di rimanere uniti alla vite, per non morire e per portare
frutto. La potatura, che il Padre compie sui tralci attraverso la spada
della Parola, è una purificazione, una gioia, un canto.
vv. 4-6: Gesù consegna ai discepoli il segreto perché possano continuare a vivere il rapporto intimo con Lui: è il rimanere. Come Lui va dentro di loro e rimane in loro e non più al di fuori, presso, così anche loro devono rimanere in Lui, dentro di Lui; questo è l'unico modo per essere pienamente consolati, per poter reggere nel cammino di questa vita e poter dare il frutto buono, che è l'amore.
v. 7: Gesù, ancora una volta, lascia nel cuore dei suoi il dono della preghiera, la perla preziosissima, unica e ci spiega che dal rimanere in Lui noi possiamo imparare la vera preghiera, quella che chiede il dono dello Spirito Santo con insistenza e sa di essere esaudita.
v. 8: Gesù ci chiama ancora a Sé, ci chiede ancora di seguirlo, di farci ed essere sempre suoi discepoli. Il rimanere fa nascere la missione, il dono della vita per il Padre e per i fratelli; se rimaniamo veramente in Gesù, allora rimarremo veramente anche in mezzo ai fratelli, come dono e come servizio. Questa è la gloria del Padre.
vv. 4-6: Gesù consegna ai discepoli il segreto perché possano continuare a vivere il rapporto intimo con Lui: è il rimanere. Come Lui va dentro di loro e rimane in loro e non più al di fuori, presso, così anche loro devono rimanere in Lui, dentro di Lui; questo è l'unico modo per essere pienamente consolati, per poter reggere nel cammino di questa vita e poter dare il frutto buono, che è l'amore.
v. 7: Gesù, ancora una volta, lascia nel cuore dei suoi il dono della preghiera, la perla preziosissima, unica e ci spiega che dal rimanere in Lui noi possiamo imparare la vera preghiera, quella che chiede il dono dello Spirito Santo con insistenza e sa di essere esaudita.
v. 8: Gesù ci chiama ancora a Sé, ci chiede ancora di seguirlo, di farci ed essere sempre suoi discepoli. Il rimanere fa nascere la missione, il dono della vita per il Padre e per i fratelli; se rimaniamo veramente in Gesù, allora rimarremo veramente anche in mezzo ai fratelli, come dono e come servizio. Questa è la gloria del Padre.
c) Il testo:
1-3:
Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che
in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo
pota perché porti più frutto. Voi siete gia mondi, per la parola che vi
ho annunziato.
4-6: Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
7: Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato.
8: In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
4-6: Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
7: Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato.
8: In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
3. Un momento di silenzio orante
Come tralcio, rimango, adesso, unito
alla vite, che è il mio Signore e mi abbandono a Lui, mi lascio
raggiungere dalla linfa della sua voce silenziosa e profonda, che è
come acqua viva. Così rimango in silenzio e non mi allontano.
4. Alcune domande
Che mi aiutino a rimanere, a scoprire la
bellezza della vite, che è Gesù; che mi conducano al Padre, per
lasciarmi da Lui prendere e lavorare, certo del suo lavoro buono di
agricoltore amoroso; e che mi sospingano dentro la linfa vitale dello
Spirito, per incontrarmi con lui quale unica cosa necessaria, da
chiedere senza stancarmi.
a) "Io sono": è bello che il brano inizi
con questa affermazione, che è come un canto di gioia, di vittoria del
Signore, che Lui ama cantare continuamente dentro la vita di ognuno di
noi. "Io sono": e lo ripete all'infinito, ogni mattina, ogni sera,
quando viene la notte, mentre dormiamo e non ce ne accorgiamo. Lui,
infatti, è proprio in funzione di noi; è verso il Padre suo ed è verso
di noi, per noi. Mi fermo su queste parole e non solo le ascolto, ma le
faccio entrare dentro di me, nella mia mente, nella mia memoria più
recondita, nel mio cuore, in tutti i sentimenti che mi abitano e la
trattengo per ruminarla ed assorbire quel suo Essere nel mio essere.
Comprendo, adesso, dentro questa Parola, che io non sono, se non in Lui e
che non posso diventare nulla, se non rimanendo dentro l'essere di
Gesù. Provo a scendere nel profondo del mio essere, vincendo le paure,
attraversando tutto il buio che posso trovare e raccolgo quelle parti di
essere, di me, che maggiormente sento senza vita. Le prendo in mano
delicatamente e le porto da Gesù, le consegno al suo "Io sono".
b) La vite mi fa venire in mente il
vino, quel frutto così buono e prezioso, mi fa venire in mente
l'alleanza che Gesù compie con noi, nuova ed eterna, alleanza d'amore,
che nulla e nessuno potrà mai spezzare. Sono disposto a rimanere dentro
questo abbraccio, dentro questo sì continuo della mia vita, che si
lascia intrecciare con la sua? Alzerò anch'io, insieme al salmista, il
calice dell'alleanza, invocando il nome del Signore e dicendogli che,
sì, anch'io gli voglio bene?
c) Gesù definisce il Padre suo come
"agricoltore" o "vignaiolo", utilizzando un termine molto bello che
porta dentro di sé tutta la forza dell'amore che si dedica al lavoro
della terra; esprime un piegarsi sulla terra, un avvicinarsi del corpo e
dell'essere, un contatto prolungato, uno scambio vitale. Il Padre fa
proprio così con noi! San Paolo dice però: "L'agricoltore, che si
affatica, dev'essere il primo a raccogliere i frutti della terra" (2 Tim
2, 6) e insieme a lui san Giacomo ci ricorda che "l'agricoltore
aspetta pazientemente i frutti della terra" (Gc 5, 7). Deluderò, io
terra, l'attesa del Padre che mi coltiva ogni giorno, vangandomi,
sgombrandomi dai sassi, mettendomi concime buono e costruendomi una
siepe tutto attorno perché io rimanga protetto? A chi consegno i frutti
della mia esistenza, del mio cuore, della mia mente, della mia anima?
Per chi sono io, per chi decido e scelgo di vivere ogni giorno, ogni
mattina, quando mi alzo?
d) Seguo con attenzione il testo e metto
in evidenza due verbi, che si ripetono con molta frequenza: "portare
frutto" e "rimanere"; capisco che queste due realtà sono simbolo della
vita stessa e sono una intrecciata all'altra, una dipendente dall'altra.
Solo rimanendo è possibile portare frutto e, in realtà, l'unico vero
frutto che noi discepoli possiamo portare in questo mondo è proprio il
rimanere. Dove rimango io, ogni giorno, per tutto il giorno? Con chi
rimango? Gesù collega sempre questo verbo a quella particella stupenda,
gigantesca: "in me". mi confronto con queste due parole: io sono "in",
cioè sono al di dentro, vivo nel profondo, scavo alla ricerca del
Signore come si scava per un pozzo (cfr. Gn 26, 18) o per i tesori (Pr
2, 4), oppure sono al di fuori, sempre disperso alle varie superfici di
questo mondo, lontano il più possibile dall'intimità, dal rapporto e
dal contatto con il Signore?
e) Per due volte Gesù ci mette davanti
la realtà della sua Parola e ci rivela come sia essa a renderci puri e
sia ancora essa ad aprirci la via della preghiera vera; la Parola ci
viene annunciata e donata come presenza permanente in noi; anch'essa,
infatti, ha la capacità di rimanere, di fare la sua casa nel nostro
cuore. Però devo chiedermi: che orecchie ho, io, per ascoltare questo
annuncio di salvezza e di bene, che il Signore mi rivolge attraverso le
sue Parole? Faccio spazio all'ascolto, a questo ascolto profondo, di
cui tutta la Scrittura mi parla continuamente, dalla Legge, ai Profeti,
ai Salmi, agli Scritti apostolici? Mi lascio trovare e raggiungere
fino al cuore dalla Parola del Signore nella preghiera, o preferisco
affidarmi ad altre parole, più leggere, più umane e simili alle mie? Ho
paura della voce del Signore, che mi parla con premura e sempre?
5. Una chiave di lettura
Come tralcio, cerco il modo per restare
sempre più innestato nella mia Vite, che è il Signore Gesù. Bevo, in
questo momento, dalla sua Parola la linfa buona, cercando di penetrare
più in profondità per assorbirne il nutrimento nascosto, che mi
trasmette la vera vita. Sto attento alle parole, ai verbi, alle
espressioni che Gesù usa e che mi richiamano ad altri passi delle divine
Scritture e mi lascio, così, purificare.
L'incontro con Gesù, l'Io Sono
Questo brano ci offre uno dei testi in
cui compare questa espressione così forte, che il Signore ci rivolge
per rivelare a noi se stesso. E' molto bello percorrere un cammino
lungo tutta la Scrittura, alla ricerca di altri testi come questo, in
cui la voce del Signore ci parla così direttamente di sé, della sua
essenza più profonda. Quando il Signore dice e ripete all'infinito e in
mille modi, in mille sfumature diverse "Io Sono", non lo fa per
annientarci o umiliarci, ma solo per la forza traboccante del suo amore
verso di noi, che vuole renderci partecipi e vivi di quella stessa
vita che a Lui appartiene. Se dice "Io Sono", è per dire anche "Tu Sei"
e dirlo ad ognuno di noi, ad ogni suo figlio e figlia che viene in
questo mondo. E' una trasmissione feconda e ininterrotta di essere, di
essenza e io non voglio lasciarla cadere a vuoto, ma voglio
raccoglierla e accoglierla dentro di me. Seguo, allora, la traccia
luminosa del "Io Sono" e cerco di soffermarmi ad ogni passo. "Io sono
il tuo scudo" (Gen 15, 1), "Io sono il Dio di Abramo tuo padre" (Gen
24, 26), "Io sono il Signore, che vi ha liberati e ancora vi libererò
dall'Egitto" (cfr. Es 6, 6) e da ogni faraone, che attenterà alla
vostra vita, "Io sono colui che ti guarisce" (Es 15, 26). Mi lascio
raggiungere dalla luce e dalla potenza di queste parole, che compiono
il miracolo di cui parlano; lo compiono anche oggi, proprio per me, in
questa lectio. E poi continuo e leggo, nel libro del Levitico, per
almeno 50 volte questa affermazione di salvezza: "Io sono il Signore" e
credo a questa parola e aderisco ad essa con il mio essere, con il mio
cuore e dico: "Sì, davvero il Signore è il mio Signore; Lui e non un
altro!" Noto che la Scrittura va sempre più a fondo; mano a mano che il
cammino procede, anch'essa procede dentro di me e mi porta in un
rapporto sempre più intenso con il Signore; il libro dei Numeri,
infatti, comincia a dire: "Io sono il Signore, che dimoro in mezzo agli
Israeliti" (Num 35, 34). "Io sono" è il presente, colui che non si
allontana, non volta le spalle per andarsene; è colui che si prende
cura di noi da vicino, dal di dentro, come soltanto lui può fare; leggo
Isaia e ricevo vita: 41, 10; 43, 3; 45, 6 etc.
Il santo Evangelo è un'esplosione di essere, di presenza, di salvezza; lo ripercorro, soprattutto facendomi guidare da Giovanni: 6, 48; 8, 12; 10, 9. 11; 11, 15; 14, 6; 18, 37. Gesù è il pane, la luce, la porta, il pastore, la risurrezione, la via, la verità, la vita, è il re; è tutto questo per me, per noi e così voglio accoglierlo, conoscerlo e amarlo e voglio imparare, dentro queste parole, a dirgli: "Signore, tu sei!". E' questo "Tu" che dà significato al mio io, che fa della mia vita una relazione, una comunione; so con certezza che solo qui io gioisco pienamente e vivo per sempre.
Il santo Evangelo è un'esplosione di essere, di presenza, di salvezza; lo ripercorro, soprattutto facendomi guidare da Giovanni: 6, 48; 8, 12; 10, 9. 11; 11, 15; 14, 6; 18, 37. Gesù è il pane, la luce, la porta, il pastore, la risurrezione, la via, la verità, la vita, è il re; è tutto questo per me, per noi e così voglio accoglierlo, conoscerlo e amarlo e voglio imparare, dentro queste parole, a dirgli: "Signore, tu sei!". E' questo "Tu" che dà significato al mio io, che fa della mia vita una relazione, una comunione; so con certezza che solo qui io gioisco pienamente e vivo per sempre.
La vigna, la vite vera e il suo frutto buono
Vigna di Dio è Israele, vigna
prediletta, vigna scelta, vigna piantata su un colle fertile, in un
luogo con la terra ripulita, sarchiata, liberata dai sassi, vigna
custodita, lavorata, amata, diffusa e che Dio stesso ha piantato (cfr.
Is 5, 1s; Ger 2, 21). Tanto amata è questa vigna che mai ha cessato di
risuonare, per lei, il cantico d'amore del suo diletto; note forti e
dolci allo stesso tempo, note portatrici di vita vera, che hanno
attraversato l'antica alleanza e sono giunte, ancora più chiare, fino
alla nuova alleanza. Prima cantava il Padre, ora canta Gesù, ma in
entrambi è la voce dello Spirito che si fa sentire, come dice il
Cantico dei Cantici: "La voce della tortora ancora si fa sentire… e le
viti spandono fragranza" (Ct 2, 12s). E' il Signore Gesù che ci attira,
che ci porta dall'antico al nuovo, da amore in amore, verso una
comunione sempre più forte, fino all'identificazione: "Sono io questa
vigna, ma siete anche voi, in me". Quindi è chiaro: la vigna è Israele,
è Gesù e siamo noi. Sempre la stessa, sempre nuova, sempre più eletta e
prediletta, amata, curata, custodita, visitata: visitata con le piogge
e visitata con la Parola, mandata dai profeti giorno per giorno,
visitata con l'invio del Figlio, l'Amore, che aspetta l'amore, cioè il
frutto. "Egli aspettò che producesse uva, ma essa fece uva selvatica"
(Is 5, 2); la delusione è sempre in agguato, nell'amore. Mi soffermo su
questa realtà, mi guardo dentro, cerco di scoprire i luoghi di
chiusura, di aridità, di morte; perché la pioggia non è arrivata? Mi
ripeto questa parola, che risuona spesso lungo le pagine bibliche: "Il
Signore aspetta…" (vedi Is 30, 18; Lc 13, 6-9). Vuole i frutti della
conversione (cfr. Mt 3, 8), come ci manda a dire per bocca di Giovanni,
i frutti della parola, che nascono dall'ascolto, dall'accoglienza e
dalla custodia di essa, come ci dicono i sinottici (cfr. Mt 13, 23; Mc
4, 20 e Lc 8, 15), i frutti dello Spirito, come spiega Paolo (cfr. Gal
5, 22). Vuole che "portiamo frutto in ogni opera buona" (Col 1, 10), ma
più di tutto, mi sembra, il Signore aspetta e desidera il "frutto del
grembo" (cfr. Lc 1, 42), cioè Gesù, per il quale siamo veramente
benedetti e beati. Gesù, infatti, è il seme che, morendo, porta molto
frutto dentro di noi, nella nostra vita (Gv 12, 24) e sconfigge ogni
solitudine, ogni chiusura, spalancandoci ai fratelli. Questo è il
frutto vero della conversione, seminato nella terra del nostro grembo;
questo è diventare suoi discepoli e infine, questa è la vera gloria del
Padre.
La potatura come purificazione che dà gioia
In questo passo evangelico il Signore mi
offre anche un altro cammino, da compiere dietro a Lui e insieme a
Lui: è un cammino di purificazione, di rinnovamento, di risurrezione e
vita nuova. E' velato dal termine "potare", ma posso cercare di
scoprirlo meglio, di illuminarlo grazie alla Parola stessa, che è
l'unica vera maestra, l'unica guida sicura. Il testo greco usa il
termine "purificare" per indicare questa azione del vignaiolo nei
confronti della sua vite; certo, rimane vero che Lui pota, che taglia
con la spada affilata della sua Parola (Eb 4, 12) e che ci fa
sanguinare, a volte, ma rimane ancora più vero il suo amore, che
solamente penetra, sempre più a fondo, in noi e così purifica, lava,
raffina. Sì, il Signore siede come lavandaio per purificare, o come
orafo, per rendere splendente e luminoso l'oro che è nelle sue mani
(cfr. Mal 3, 3). Gesù porta con sé una purificazione nuova, quella
promessa tanto a lungo dalle Scritture e attesa per i tempi messianici;
non è più la purificazione che avveniva mediante il culto, mediante
l'osservanza della legge o i sacrifici, purificazione solo provvisoria,
incompiuta, temporanea e figurativa. Gesù realizza una purificazione
intima, totale, quella del cuore e della coscienza, quella cantata da
Ezechiele: "Vi purificherò da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore
nuovo… Quando vi avrò purificati da tutte le vostre iniquità, vi farò
riabitare nelle vostre città e le vostre rovine saranno ricostruite…"
(Ez 36, 25s. 33). Leggo anche Ef 5, 26 e Tt 2, 14, testi molto belli e
ricchi, che mi aiutano ad entrare meglio dentro la luce e la grazia di
questa opera di salvezza, di questa potatura spirituale che il Padre
compie in me.
C'è un versetto del Cantico che può aiutarmi ancora di più a comprendere; dice così: "Il tempo del canto è tornato" (Ct 2, 12), usando, però, un verbo che significa al tempo stesso "potare, tagliare" e "cantare". Quindi la potatura è tempo di canto, di gioia. E' il mio cuore che canta, davanti e dentro la Parola, è la mia anima che gioisce, per la fede, perché so che attraverso questo lungo, ma magnifico pellegrinaggio nelle Scritture, anch'io vengo reso partecipe della vita di Gesù, vengo unito a Lui, il puro, il santo, l'immacolato Verbo e rimanendo, così, in Lui, anch'io vengo lavato, vengo purificato con la purezza infinita della sua vita. Non per me, non per rimanere solo, ma per portare molto frutto, per dare foglie e fronde che non appassiscano, per essere tralcio, insieme a tanti tralci, nella vite di Gesù Cristo.
C'è un versetto del Cantico che può aiutarmi ancora di più a comprendere; dice così: "Il tempo del canto è tornato" (Ct 2, 12), usando, però, un verbo che significa al tempo stesso "potare, tagliare" e "cantare". Quindi la potatura è tempo di canto, di gioia. E' il mio cuore che canta, davanti e dentro la Parola, è la mia anima che gioisce, per la fede, perché so che attraverso questo lungo, ma magnifico pellegrinaggio nelle Scritture, anch'io vengo reso partecipe della vita di Gesù, vengo unito a Lui, il puro, il santo, l'immacolato Verbo e rimanendo, così, in Lui, anch'io vengo lavato, vengo purificato con la purezza infinita della sua vita. Non per me, non per rimanere solo, ma per portare molto frutto, per dare foglie e fronde che non appassiscano, per essere tralcio, insieme a tanti tralci, nella vite di Gesù Cristo.
6. Un momento di preghiera: Salmo 1
Meditazione sulla felicità di chi vive della Parola e grazie ad essa porta frutto
Rit. La tua Parola è la mia gioia, Signore!
Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte. Rit.
non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte. Rit.
Sarà come albero piantato lungo corsi d'acqua,
che darà frutto a suo tempo
e le sue foglie non cadranno mai;
riusciranno tutte le sue opere. Rit.
che darà frutto a suo tempo
e le sue foglie non cadranno mai;
riusciranno tutte le sue opere. Rit.
Non così, non così gli empi:
ma come pula che il vento disperde;
perciò non reggeranno gli empi nel giudizio,
né i peccatori nell'assemblea dei giusti.
Il Signore veglia sul cammino dei giusti,
ma la via degli empi andrà in rovina. Rit.
ma come pula che il vento disperde;
perciò non reggeranno gli empi nel giudizio,
né i peccatori nell'assemblea dei giusti.
Il Signore veglia sul cammino dei giusti,
ma la via degli empi andrà in rovina. Rit.
7. Orazione Finale
Signore, ho ancora tutta la luce della
tua Parola dentro di me; tutta la forza risanatrice della tua voce mi
risuona ancora nel profondo dell'essere! Grazie, o mia Vite, o mia
linfa; grazie, o mia dimora, nella quale posso e desidero rimanere;
grazie, o mia forza nell'agire, nel compiere ogni cosa; grazie, mio
maestro! Tu mi hai chiamato ad essere tralcio fecondo, ad essere io
stesso frutto del tuo amore per gli uomini, ad essere vino che rallegra
il cuore; Signore, aiutami a realizzare questa tua Parola benedetta e
vera. Solo così, infatti, io vivrò veramente e sarò, come Tu sei e
rimani.
Non permettere, o Signore, che io mi sbagli così tanto da voler rimanere in te, come tralcio nella sua vite, senza gli altri tralci, i miei fratelli e le mie sorelle; sarebbe il frutto più acerbo, più sgradevole di tutti. Signore, io non so pregare: insegnami Tu e fa che la mia preghiera più bella sia la mia vita, trasformata in un grappolo d'uva, per la fame e la sete, per la gioia e la compagnia di chi verrà presso la vite, che sei Tu. Grazie, perché Tu sei il vino dell'Amore!
Non permettere, o Signore, che io mi sbagli così tanto da voler rimanere in te, come tralcio nella sua vite, senza gli altri tralci, i miei fratelli e le mie sorelle; sarebbe il frutto più acerbo, più sgradevole di tutti. Signore, io non so pregare: insegnami Tu e fa che la mia preghiera più bella sia la mia vita, trasformata in un grappolo d'uva, per la fame e la sete, per la gioia e la compagnia di chi verrà presso la vite, che sei Tu. Grazie, perché Tu sei il vino dell'Amore!
da | O.carm
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